– di Assunta Urbano –
17 dicembre 2016. Atlantico, Roma, concerto di Calcutta.
Una serata strana, silenziosa ed emotiva. Si sente già nell’aria che qualche ingranaggio non è più in funzione, si è rotto. E, infatti, alla termine del live, il cantautore di Latina lascia il palco esclamando: «È finito tutto».
In quella notte di dicembre, neanche tanto fredda, Calcutta saluta una volta per tutte il panorama indipendente. Segna un taglio netto tra la scena alternativa e quello che conosciamo come “indie”, ma che in realtà non è altro che “la nuova musica italiana”. Forse il termine “indie” fa più effetto, ma oggi sappiamo bene che quei sogni di ventenni, di ascoltare qualcosa di “diverso”, sono rimasti solo un’utopia.
Quella sera, come opening act ci sono i Gomma. Ricordo il maglione verde di Ilaria, la cantante, e la sua presenza scenica, che quasi oscura i suoi compagni Giovanni, Matteo e Paolo.
È la prima volta che sento parlare della band post-punk. Scopro che si sono formati proprio nello stesso anno e vengono dalla provincia di Caserta. Portano sul palco alcuni brani, parte del loro primogenito “Toska”. Il percorso del gruppo prosegue e nel 2019 pubblicano “Sacrosanto”. Negli ultimi due anni, i Gomma hanno sfruttato il tempo pandemico per realizzare il terzo lavoro discografico “Zombie Cowboys”, uscito il 21 gennaio scorso sempre per V4V.
ZOMBIE COWBOYS
“Zombie Cowboys” è costituito da dodici canzoni e una nuova storia dei Gomma da raccontare. Le tracce sono nate tra marzo e maggio del 2020, nel corso del primo lockdown. Le sonorità si fanno stavolta più decise e più incisive. La rabbia nei testi sembra essere ancora più forte rispetto ai due album precedenti.
Canzoni che avranno certamente una loro risonanza dal vivo.
La band non ha smesso di cercare la sua “Santa pace”, ritrovandola plausibilmente solo nella musica.
Il disco è ricco di riferimenti, dalla “Mamma Roma” di Pierpaolo Pasolini alle figure iconiche di Marcello Mastroianni e Louis Armstrong.
Tuttavia, probabilmente, il vero fil rouge del progetto è Guancia a guancia”. Un brano che ci richiederebbe un ascolto “vissuto”, con due corpi che si scontrano ed entrano in conflitto tra di loro.
Più nevrotico, più distorto, più rumoroso. Si sente tutto questo nei dodici pezzi, con tanta sperimentazione sonora e una consapevolezza maggiore.
Non mancano le domande di una generazione perduta, dimenticata e senza punti riferimento. La battaglia è uno dei temi cardine dell’intero lavoro. Chi è il nemico? La copertina ci dà la risposta: «Is there a future for modern Capitalism?»
NON PIÙ RIFIUTO DELLA SOCIETÀ, MA RESISTENZA
Quello che più si percepisce dall’ascolto di “Zombie Cowboys” è l’esigenza, l’urgenza di esprimersi. E come gli stessi affermano sui loro profili social: «Urgenza di ripensare al nostro ruolo, come singoli e come comunità. Urgenza di evitare sfumature, per non essere fraintesi».
È un lavoro sulla riscoperta di se stessi, la presa di coscienza di essere ancora in piedi e la voglia di comunicarlo al proprio pubblico di fan.
I Gomma non rifiutano più la società in cui vivono. Sono cresciuti, sono maturati, nei suoni, nei testi, ma non hanno perso l’attitudine che li contraddistingue. In questa lotta senza vincitori né vinti, non si sentono più outsiders, ma sono parte di una resistenza alla decadente società che ci circonda. La band tiene duro, non si arrende e conquista gli ascoltatori.
C’è un motivo per cui ho introdotto questo racconto con la prima volta in cui ho sentito nominare i Gomma. Lo ammetto: quella sera, non li ho capiti. E questa cosa mi ha dato fastidio. A distanza di tempo quel fastidio privo di senso si è trasformato in curiosità. Così, con attenzione, un paio di anni dopo mi sono approcciata nuovamente ai brani e ho avuto la fortuna di riscoprirli.
La loro presenza alla conclusione di un ciclo per Calcutta, l’addio a una scena alternativa, ha segnato un cambio di scettro, destinato ad altre realtà come i Gomma che ancora oggi sono attive e ruggenti.
Di certo c’è che “Zombie Cowboys” è il lavoro del gruppo originario di Caserta più riuscito fino ad ora.
Non so dove li porterà questo viaggio, ma posso dire che oggi tra noi è davvero «pace fatta».