Qualche settimana fa mi sono trasferita a Milano da Roma e la prima cosa che ho fatto, ovviamente, è stata cercare eventi e concerti a cui partecipare. Curiosando ho visto che da lì a poco era previsto un concerto di Young Signorino nella vicina Bergamo. La mia reazione è stata come quando sei a dieta strettissima e mangi di nascosto del cioccolato: sei stra felice, fai tacere i tuoi sensi di colpa, ma vuoi che questo tuo sgarro non lo scopra nessuno. Guardo un po’ fra i partecipanti e vedo che figura anche un mio amico, quindi io subito lo contatto: – “Oh, ma vai davvero?”- alla sua risposta – “Certo che sì!” – mi sono detta – “È fatta, andiamo!” – e non ho badato più a nulla.
La serata è stata organizzata da Gattotoro, progetto composto dalla stessa famiglia già favorevolmente nota del Canta Indie Canta Male, all’Edoné, ameno spazio del bergamasco.
Io e il mio partner in crime Daniele, non indigeno ma esperto del luogo, siamo giunti alla serata: clima piacevole estivo, atmosfera quasi da festa di paese, bambini che giocavano a palla, famiglie che mangiavano e bevevano sulle panchinette e ai tavolini da parco. Era presente ogni generazione. E Young Signorino che si apprestava ad arrivare sul palco, lì, in quel contesto: era lo scenario più bello che avessi mai visto in vita mia. Il contrasto che adoro, una cosa meravigliosa, di quelle che non ti aspetti. Già solo in quel momento, a prescindere, ho potuto affermare che organizzazione e luogo avevano vinto. Sotto il palco il pienone, tantissimi ragazzi, qualcuno venuto per curiosità, qualcuno per ridere e le persone che appositamente sono accorse all’evento (tipo me). Mi fa piacere sottolineare che la serata fosse a entrata gratuita.
Paolo Caputo aka Young Signorino è arrivato super carico, una bomba, veramente preso bene, come eravamo presi benissimo tutti noi, tra sgomento, incredulità e ammirazione. Ha fatto la sua scaletta, ha spesso improvvisato, si è un sacco divertito. Era una sorta di delirio fantastico: chi cantava, chi a bocca aperta, bambini che si rincorrevano ignari mentre nell’aria risuonavano dediche alle droghe e notevoli anche le signore oltre la quarantina tra le prime file, che hanno fatto più foto e video di me in tutta la mia vita concertistica. Al di là di ogni tipo di giudizio, che poi se non è costruttivo può essere benissimo cestinato, è indubbio che sia stata una serata vincente, una “mashuppata” fra la provocazione e l’emancipazione.
Un plauso va fatto ai ragazzi dell’organizzazione, che hanno puntato su un “fenomeno” virale che ha fatto discutere, odiato/criticato/osannato/demolito, ma che da qualche tempo sembrava non facesse più hype. E invece…
Young Signorino va visto come avanguardia, si può discutere se quel suo nonsense possa essere anche apparente: svuotare la parola di significato e assegnargliene in modo arbitrario un altro nuovo (così da rompere la convenzione della lingua). Una faccenda che, linguisticamente parlando, si può illustrare con nuovi signifié ai nostri signifiant, giocando anche su uno svuotamento del carico morale eventuale che, secondo alcuni, dovrebbe contenere la musica. E qui si scivolerebbe, addirittura, su un discorso che potrebbe farmi arrivare a Kant, per sfociare alla filosofia del diritto e alla separazione fra legge e morale. Nonché potrei fare un po’ di polemichetta su artisti super osannati, i cui testi davvero non comunicano una ceppa. Ma mi placo e dico semplicemente che, a un certo punto del concerto, mentre si cantava a squarciagola La danza dell’ambulanza, è arrivato un acquazzone che non ha fermato il mega pogo sotto palco, ma purtroppo il live sì. Tuttavia era di suo quasi giunto al termine, quindi con tanto piacere mi sono scolata un paio di drink, affermando in modo compiaciuto e sereno: “è stata davvero un’ottima serata”. E questo, al netto di tutto, è l’unica cosa importante che ci si augura partecipando a un evento.