2017, tutti fanno rap, nessuno fa rap. È quindi più utile iniziare a parlare di chi sa scrivere e chi no, chi sa rendere interessante una serie di parole in rima, donandole un senso di qualsiasi genere, ironico, politico, non importa, purché rifletti un ragionamento. Ecco, Willie Peyote lo sa fare e il suo nuovo album Sindrome di Toret è un’altra piacevole riprova di questo fatto. Il paroliere di Torino, senza mai parlare a vanvera, citando il brano d’apertura, scopre le carte in tavola con la faccia tosta di chi sa che sta giocando la partita giusta. Poco gli importa delle nuove sonorità trap/dance/quellochevipare, Peyote predilige il suonato anni ’90 come in “C’hai ragione tu” con Dutch Nazari, così come è ancora vecchia scuola l’abbondanza di parole, citazioni, riferimenti che permeano ogni singola strofa. Sindrome di Toret è un album molto politico in quanto il tema di riferimento è spesso l’esterno, la società e la sua personale interpretazione critica (“Vilipendio”), mentre non trovano spazio l’ostentazione o l’autocelebrazione. Queste, però, sono le caratteristiche di Willie Peyote, chi lo conosce lo sa. E chi non lo conosce dovrebbe.
Gianluca Grasselli