Ho ascoltato questo disco con la sospensione che mi nasce dentro ogni volta che trovo parole buone per capire chi sono e cosa sto attraversando. E sarà per questo che un brano come “Copenaghen” dice tanto, troppo, oltre la sua naturale condizione estetica. Francesco Verrone (in arte solo Verrone) sforna un disco alto senza maschere e trucchi pirotecnici. “Legna per l’inverno” è un lavoro di (purtroppo) solo 6 brano che davvero vorrei non smettere di ascoltare. Acqua e sapone anche dentro le impalcature meno scontante come dentro la coda strumentale proprio della già citata “Copenaghen”… ci ritrovo dentro la stessa semplicità della sintesi che campeggia nella chiusa affidata a “Lontano” che poi sulla coda sfoggia un suono più articolato e che bello e che “esperto” è il mestiere del riverbero che sta sul rullante. Fortissimo impatto personale…
“Selene” credevo potesse salire al trono vista la potenza che il mix restituisce alla sua voce che decanta allegorie umane assai ficcanti mentre il suono si concede volute post-rock assai distopiche. Eppure ammetto che “L’ora blu” ha superato tutti in classifica, fosse solo per lo splendido video dentro cui campeggia l’interpretazione di Alessandro Tedesco curato dalla regia di Pierpaolo Perna.
“Legna per l’inverno” dovete ascoltarlo: non so bene se potremo trovarlo anche in formato fisico ma di certo non è una scusa buona per andare oltre o per fermarsi con la superficialità di un sottofondo. Verrone sa come usare la penna con estrema personalità, in questa vocalità che un poco richiama Fabi e un poco Nek, e se dall’uno prende la liquidità dall’altro quel certo modo di appoggiarsi sulle vocali. Ma su tutto di Verrone mi arriva una personalità fatta e compiuta.
Una scoperta davvero interessante…