Se dovessi sintetizzare Migratory birds in due parole, direi: un gioiello. L’album di Valeria Caputo, cantautrice pugliese di nascita e romagnola d’adozione, opera prima di una, si spera, lunga carriera, racchiude in sé una moltitudine di immagini, di visioni e sensazioni, lasciando sorpresi per la maturità e il talento compositivo della cantautrice.
Il bacino culturale e le influenze di riferimento son quelle del cantautorato americano legato al folk acustico degli anni ’60 e ’70, con Joni Mitchell su tutti come ispirazione e riferimento (e forse la mente corre troppo a dischi come Court and spark o Hejira); ma si trova qualcosa che fa pensare al Bob Dylan mistico di John Wesley Harding o di Blood on the tracks, o qualche pulsione verso Crosby, Stills, Nash e Neil Young più acustici (“I’ll be with you” starebbe benissimo su Deja vu).
È proprio l’opener a segnare la strada maestra percorsa nel disco: una ballata dal vago sapore agrodolce, sospeso, con una melodia d’altri tempi, così chiara e limpida da lasciare incantati. Ma il grande talento sta nel non accontentarsi mai della formula della ballata, ma di cercare e trovare sempre qualcosa di diverso per ogni brano,come per la title track, ad esempio, sognante coi suoi giochi d’echi e riverberi, o nelle sfumature barocche di “The sea has told me”.
È un disco emozionante, ricco d’immagini, che ci trasporta in viaggio e racconta di panorami ancora da esplorare. Basta dare un’occhiata ai titoli dei brani per iniziare ad entrare nel mondo di Valeria Caputo: il tema del viaggio, il movimento, è l’elemento naturale che percorre praticamente tutto l’album. C’è tanta luce in queste canzoni, una positività che traspare da questi piccoli idilli acustici, finestre su orizzonti illuminati. Sembra di guardare le distese di grano americane in brani come “The face on the screen”, e di volare radente a terra e di nuovo verso il sole in “Fly away”.
Valeria Caputo accarezza le melodie su un tappeto sonoro ricco e variegato, composto da una varietà di archi, cori, chitarre e sax. Gli arrangiamenti minimali si inseriscono perfettamente nel solco acustico dell’album, arricchendo il linguaggio della cantautrice di una paletta sonora elegante e delicata. Un suono ricco e raffinato, che sottolinea ed evidenzia le forti melodie vocali della cantante.
In un viaggio, portatevi sempre appresso questo disco e statene certi, non ve ne pentirete.
MENZIONE D’ONORE: “The next train”. Indimenticabile.
Riccardo De Stefano
ExitWell Magazine n° 1 (marzo/aprile 2013)
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