In anteprima su ExitWell vi presentiamo il primo video estratto dall’esordio degli
UNIBRIDO.
Li conosciamo come Carlo (anche in forza agli House Of Sound, Not Found) e Marvin (The Little House Blues Band, The Blues Stalkers, The Bluesness, No Panik Music, Not Found). Si intitola “P.I.G.S.” questo primo lavoro dove regna e governa incontrastato un dialogo a due sulla società senza passare per filtri esoterici, senza maschere filosofiche, senza inutili trasgressioni di stile e senza quella grazia omologante del pop. Non cerca di essere accondiscendente ma comunque sa come accontentare un po’ tutti. Chitarre elettriche e una sezione di drumming che rivela – forse – raffinate radici di grunge. Il tutto in una miscela che arriva secca dalla montagna che circonda la loro vita quotidiana, provincia della provincia, bordi di un mondo che comunque stenta a divenire. Con rabbia e anche con quel dolore che fa urlare le metriche dei nuovi brani, gli UNIBRIDO non la mandano a dire, senza svendersi alla volgarità facile ma anzi riuscendo a confezionare un lavoro di grande personalità. La produzione di Luigi Caprara presso il Lunchbox Studio è la corona di un disco che merita di venir sottolineato: ormai tanti puntano il dito all’omologazione sociale. Ci sono quelli che ricorrono ai luoghi comuni. Ci sono altri che, pur facendolo, sanno dire la loro, a modo loro, con voce propria.
Ho avuto modo di ascoltare questo disco, prima ancora di questo singolo soltanto. Vi lancio delle frasi, spero vi ispirino una qualche analisi. Un esordio che ha tanta rabbia da lanciare contro il nichilismo. Ma anche un esordio che vuole difendersi dal nichilismo, che sembra uguale ma sottilmente non lo è.
Hai perfettamente ragione. La semplice analisi, anche approfondita della “mancanza di scopo” della società in cui viviamo, è utile ma fino a un certo punto.
L’essere umano ha un bisogno viscerale di dare senso alla propria esistenza, è più forte di noi. Anche il nichilista più estremo sulla faccia della terra ha scelto di dare una precisa direzione alla sua vita. E agirà di conseguenza.
Nel singolo mi colpisce una frase di cui vi chiedo: “Affronti il tuo calvario… chiudendo le tue porte alla fonte del creare”. Dunque è un arrendersi al calvario quotidiano, all’omologazione, al nichilismo?
Ci arrendiamo all’alienazione di tutti i giorni eliminando più o meno consapevolmente il pensiero della morte. Crediamo che l’unico modo per godersi la vita sia togliersi dalla testa il fatto che moriremo anestetizzandoci con il consumismo e l’intrattenimento di basso livello.
Credo invece che solo affrontando la paura della nostra finitezza potremo cominciare a fare esperienza di una vera esistenza, e le conseguenze di questa decisione sono inimmaginabili, specialmente per quanto riguarda la creatività: si aprono porte incredibili. Heidegger ha scritto cose molto interessanti su questo argomento.
E perché dite che “Non c’è più tempo”?
Non c’è più tempo per tergiversare, non ce lo possiamo più permettere. Siamo entrati in un vortice autodistruttivo senza precedenti. Probabilmente è anche già tardi. Ma non possiamo fare altro che svegliarci dal torpore. Lo dobbiamo quantomeno a chi verrà dopo di noi.
Perché tutto questo si veste di rock?
Il vestito è un modo. Il modo più efficace possibile per rendere fruibile un contenuto. Ed è il modo più affine alle nostre attitudini.
E poi tutto questo ha bisogno di vestirsi di rock.
Le chitarre distorte e acide, le bacchette che si frantumano su piatti e pelli sono l’eco viscerale di una dolce rabbia che vuole accompagnare l’ascoltatore, tenendolo per mano, verso l’uscita di emergenza lontano dalla zombificazione a cui siamo sottoposti.
Il disco d’esordio parla di “porci”… Chi sono per voi i “porci”?
Secondo alcuni simpatici burocrati europei i maiali sarebbero quei popoli che non vogliono obbedire ai loro diktat economicisti. Nella fattoria di Orwell invece i maiali erano gli animali più intelligenti, adatti al comando, anche se nel suo romanzo le cose si mettevano male.
Si respira una brutta aria da queste parti: si mettono in dubbio alcuni principi democratici, si impongono agli stati politiche violente e ingiuste in nome del dio mercato mentre la cosiddetta opinione pubblica pare vegetare.
Insomma, in questo scenario ci pare chiaro chi grugnisce affondando lo stivale nel fango, citando Battiato.
In un’altra chiave di lettura i porci sono anche quelli che, a pancia piena, si lamentano dei propri problemi illudendosi che la soluzione più efficace sia aggredire un Voi irreale, la parte triste di questa storia è che oggi questa aggressione avviene armandosi di pixel sotto forma di inutili insulti virtuali. Mi viene la nostalgia dei tempi in cui quando qualcosa non andava, le piazze accoglievano gli eroi che ci hanno fatto crescere nella bambagia.