“ELDORADO” è il nuovo singolo degli ULTIMA HAINE scritto ed arrangiato insieme ad Ale Bavo, per Prisoner Records e distribuito da The Orchard. Il brano vede la partecipazione speciale di Pierpaolo Capovilla, ex voce storica de Il Teatro degli Orrori e tornato sulle scene come Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri.
Il singolo ha una storia particolare, il testo è stato scritto dal cantante in parte durante un viaggio in Messico e nelle comunità zapatiste nel 2017, ed ultimato una volta rientrato in Italia. Infatti, in qualche modo le parole richiamano le suggestioni avute in quella terra magica che è l’America Latina. Il brano viene poi portato all’interno di reHUB, il laboratorio all’interno del Reset Festival di Torino dove viene data la possibilità di arrangiare un proprio brano insieme ad un mentor, un produttore ed una scrittrice. È così che avviene l’incontro e la collaborazione con Pierpaolo Capovilla, ed anche con Ale Bavo, con cui gli ULTIMA HAINE hanno prodotto il brano e stanno lavorando al disco. Prezioso è stato anche l’incontro con la scrittrice Valentina Farinaccio per i suoi consigli sul testo. Pierpaolo Capovilla ha aggiunto qualche piccola modifica allo scritto, ma di grande valore, cantato il ritornello e suonato un secondo basso sul brano.
Noi li abbiamo incontrati per chiedergli qualcosa in più di quest’atipica collaborazione, ecco cosa ci hanno risposto.
Come nasce la vostra collaborazione con Pierpaolo Capovilla? Cosa avete in comune con questo personaggio che sembra così distante da voi e dalle periferie di Napoli?
Pierpaolo lo abbiamo conosciuto a Torino durante il Reset Festival. Siamo Stati selezionati nel 2019 per partecipare a reHUB, un laboratorio che permette di collaborare con un mentor alla produzione di un brano proprio. È così che ci siamo conosciuti e c’è stato da subito un certo feeling. Nonostante le differenze che obiettivamente sembrano enormi, in realtà abbiamo molto in comune. Dal tipo di musica senza compromessi e con un messaggio ben preciso, alle posizioni politiche ed il modo di vedere il mondo. Facciamo parte, sia noi che lui, di quelli che con la propria musica provano a dare una voce agli emarginati e agli oppressi. Lui ovviamente è un’icona, e per noi è stato un onore indescrivibile averlo su un nostro brano.
Com’è una vostra giornata tipo al Charlie Studio di Quarto?
Mah diciamo che il Charlie Studio non lo frequentiamo proprio tutti i giorni. Abbiamo un piccolo studietto nostro, che in realtà è di Mattia, il bassista, dove ci vediamo per provare, comporre brani nuovi o semplicemente stare assieme. La nostra “caverna”, come la chiamiamo. Nel Charlie Studio, che è di un nostro grande amico, Carlo, che salutiamo, abbiamo invece registrato il disco. Sono state giornate stupende, spensierate in cui ci siamo concentrati solo sulla musica per anche 12 ore al giorno. Ci abbiamo portato anche Ale Bavo, il nostro produttore, da Torino, e Pierpaolo da Venezia.
Siete stati fan del Teatro Degli Orrori?
Chi più, chi meno. L’aneddoto divertente è che in realtà Alessandro, il cantante, praticamente non li conosceva. Ovviamente in questo periodo ha provato a recuperare facendosi una cultura al riguardo, però probabilmente il non essere fan all’inizio avrà aiutato a sviluppare un rapporto diciamo alla pari, senza nessun comportamento di soggezione o riverenza.
Questo vostro nuovo singolo dal titolo “ELDORADO” è un capitolo che inizia nel 2017. Ce lo raccontate?
Sì, il testo è stato scritto in parte durante un viaggio in Messico da parte di Alessandro, e poi ultimato una volta rientrato in Italia. I riferimenti al paese latinoamericano infatti sono disseminati qui e là, come ad esempio la citazione della Virgen de Guadalupe, la Santa protettrice messicana. Dopodiché il brano ha preso una forma anche musicale nel periodo successivo, fino ad arrivare al 2019 in cui, durante il Reset festival, è stato modificato insieme ad Ale Bavo e Pierpaolo Capovilla. Ulteriori modifiche sono state poi fatte durante la fase di pre-produzione del brano prima di registrarlo. Pierpaolo poi lo ha subito fatto suo, immergendosi appieno nel senso del brano, che rappresenta la ricerca quasi spasmodica dell’utopia.
Lo avete visto tutti “La Haine”, il film che ha dato il nome al vostro collettivo?
Inizialmente forse solo Antonio, il batterista, non lo aveva visto, poi lo abbiamo obbligato! Probabilmente perché lui è un po’ più piccolo rispetto a noi, è del ’97. In ogni caso è in film che ha segnato più di una generazione, e per chi è nato in periferia rappresenta un vero e proprio cult. Ci siamo tutti rispecchiati nelle vicende dei tre protagonisti, chi più chi meno, e non c’era nome più azzeccato che poteva rappresentarci.