Un disco a firma di un duo che si definisce, all’occorrenza, collettivo. Un disco che graffia la forma e i confini dell’indie sfociando in una gustosa ed intelligente forma di teatro dell’assurdo, ironico e assai poco reverenziale. E i tratti sociali non sono per niente secondari. Si intitola “Mangiasabbia” questo nuovo lavoro degli Ubba Bond, cioè Andrea Bondi e Guglielmo Ubaldi. Eclettico, sovversivo, ma anche spudoratamente indie nei suoni e nelle scelte. E dal video di lancio si mettono in chiaro i tratti colorati di chi non ci sta tanto a rispettare i canoni e le mode. Finalmente, aggiungerei io…
Un disco di contrasti. Inizierei qui. Nel contrasto, lirico, sonoro, concettuale (direi anche visivo guardando il video di lancio) secondo voi si annidano le rivoluzioni e i significati che contano?
Assolutamente sì, anche perché il contrasto in realtà non apre quasi mai un dialogo, ma piuttosto tende a “risolvere” situazioni sospese: banalmente, chiunque può riempire una foto in bianco e nero con i propri colori immaginari, mentre una foto a colori fortemente contrastata è un’affermazione forte e decisa, che lascia poco spazio all’immaginazione. Inoltre, il contrasto tende di per sé a mettere in evidenza il particolare nel contesto, esattamente ciò di cui sono fatte le rivoluzioni ovvero di “inneschi”.
Ironia: una parola chiave anche questa. Cos’è per voi l’ironia?
L’ironia è una buccia di banana. Per questo motivo, prima di scrivere e arrangiare un pezzo, noi di solito ci fermiamo, mangiamo una banana e poi lanciamo la buccia in avanti, sapendo che prima o poi ci scivoleremo sopra, senza sapere quando. Inoltre, per riallacciarci alla domanda precedente, l’ironia è anche il modo più naturale di procedere per contrasti.
Di preciso: chi è che mangia la sabbia? Che sia un riferimento d’attualità importante?
Il mare mangia la sabbia e no, non c’è un riferimento con l’attualità. Più semplicemente c’è una frase nel disco che recita “quando per sete di deserto bevi sabbia” (dal brano “Su Milioni si Auto” il cui testo è liberamente tratto da un racconto di Max Guidetti)… quando dovevamo scegliere un titolo ci siamo messi a rileggere i testi e quello spunto ci ha suggerito la parola “Mangiasabbia”. Ci è sembrato subito perfetto come titolo, anche perché il mare è uno degli elementi ricorrenti del disco. Poi siamo partiti alla ricerca della copertina e abbiamo trovato questa magnifica foto di Davide Merighi e a quel punto tutto è andato al posto giusto.
E poi c’è tantissimo colore dentro questa musica e nel suo contorno, non è così?
È vero e, per citare un’altra frase (in questo caso tratta dal brano “Girasoli Olandesi”), la vertigine è il colore dei tuoi girasoli olandesi. Il disco è colorato e vertiginoso, buffo e profondo al tempo stesso. Facile perdersi, infatti sappiamo di chiedere uno sforzo non indifferente all’ascoltatore odierno: nell’era del consumo compulsivo chiunque si prenda 55 minuti per godersi un disco come “Mangiasabbia” sta compiendo un atto (nel suo piccolo) rivoluzionario.
A chiudere: questo duo che spesso diviene collettivo, dov’è che trova il suo equilibrio principale?
Nell’essere disposto a sbilanciarsi di continuo. I brani del disco hanno attraversato mille vesti. Per farti un esempio la versione che oggi senti di “Aprile” non ha nulla a che vedere con quella orchestrale di 2 anni fa. Abbiamo fatto e disfatto mille volte, in cerca di una direzione. Questa attitudine, unita alla affinità che ci lega, ci permette di “ascoltarci” molto e di costruire l’uno sulle idee dell’altro, e in questo processo coinvolgiamo spesso altri artisti che hanno a loro volta la possibilità (se vogliono) di spostare nuovamente il baricentro. Questo è il nostro modo di scrivere, di arrangiare, di sentire la musica e le parole. Un processo liquido che usa i contrasti in modo costruttivo. Senza questa attitudine, “Mangiasabbia” non esisterebbe.