Stefano Rampoldi, in arte Edda, è il cantautore della contraddizione. Riesce ad essere, in momenti diversi, due persone poste agli estremi di un continuum di personalità. È Edda quando canta. La donna, la ragazza, la ragazza diventata donna, turbata, tormentata e violentata, ingenua e sfacciata, aperta come un diario di un’adolescente rubatole dai compagni e letto ad alta voce, o forse proprio recitato da lei stessa. È Stefano Rampoldi quando i volumi si placano e deve parlare con il pubblico. L’uomo dai capelli brizzolati, timido e riservato, un po’ impacciato nei modi di fare, ma comunque carismatico. A suo modo.
Siamo stati al suo concerto del 20 aprile al Monk di Roma, circondati da un pubblico numeroso e da qualche volto noto (Francesco Motta, Riccardo Sinigallia), per la presentazione del nuovo album :”Graziosa Utopia”. Il disco, quarto nella sua produzione da solista, è stato considerato da molti come “la svolta pop” del cantautore ed è, sicuramente per quanto riguarda gli arrangiamenti, il suo lavoro più accessibile.
Sul palco, Edda è riuscito, con la maturità di chi fa musica da più di vent’anni, ad interpretare se stesso toccando le proprie canzoni, adattandole al contesto live, mutandole senza stravolgerle. Con la presenza di una band di spessore, la nuova forza melodica di canzoni come “Signora” o “Un pensiero d’amore” ha trovato una realizzazione impeccabile, fine nell’esecuzione, coinvolgente in ogni sua singola sfumatura, in ogni variazione armonica.
Tutto ha reso possibile la riuscita di un concerto di qualità, compreso un pubblico attento, preparato, curioso e sempre alla ricerca di un contatto col cantante.
Senza dubbio, la meraviglia della serata è stata, come d’aspettativa, la voce di Stefano Rampoldi. Così fuori dal comune, sfrenata, senza alcun tipo di regola, bella nelle sue imperfezioni, confondente nella sua contraddizione. Quasi si ha avuto l’impressione che migliorasse canzone dopo canzone, esplodendo in una performance da applausi nella difficile “Spaziale” in cui molti vi hanno ritrovato una certa Mina dei primi tempi. “Addirittura ?” vi chiederete. Addirittura.
Al presente, Edda ha accostato anche brani del passato: la disperata “Milano”, la furiosa “Pater”, la volgare “Stellina”.
Come detto, Stefano Rampoldi, in arte Edda, è il cantautore della contraddizione e per sua natura è fatto per dividere. Piace o non piace. E proprio nella sua contraddittorietà c’è l’unicità della sua arte. Il cesso e la Stellina, lo schifo per la verità, la tenerezza e la sessualità, la carezza e le botte. Una bestemmia d’amore.
Nonostante la crudezza di molti suoi testi è più semplice di quanto si possa immaginare ritrovarsi in uno dei suoi racconti ed è forse per questo motivo che chi si avvicina ad Edda, riuscendo a comprendere la sua complessità, difficilmente poi se ne distacca. Eppure, su una frase in particolare, specialmente dopo il 20 aprile, non ci troviamo d’accordo: ”a Roma non mi conosce nessuno”.
Gianluca Grasselli