Come si potrebbe definire l’evoluzione della musica nel corso degli anni? Non basterebbero le parole di un intero libro per farlo anche perché i cambiamenti che si sono succeduti negli ultimi quarant’anni sono stati repentini e dettati dall’evoluzione della tecnologia. Quello che è certo è che la musica ha plasmato milioni di giovani in tutto il mondo, rivoluzionandone lo stile di vita e dando loro quella spinta che era impossibile trovare altrove.
Grazie ai diversi generi musicali che si sono formati e sviluppati negli anni, tantissimi giovani hanno avuto modo di definire appieno il proprio carattere e la loro personalità grazie proprio alla musica, arrivando anche a stravolgere il loro abbigliamento – Isac Walter ha aperto un blog sulla sua ossessione per le magliette di band – seguendo quelli che erano i loro gusti musicali.
La musica si può definire senza dubbio un’arte, ma è anche un lavoro? O meglio, lo è ancora? Che cos’è cambiato? Lo sappiamo, nei decenni passati i giovani si scambiavano la musica prestandosi a vicenda prima i vinili, poi le musicassette ed infine i Cd. Da ciò si evince che ascoltare musica era decisamente più dispendioso per un giovane rispetto a quanto lo sia oggi, epoca in cui la musica si può scaricare da internet con facilità e soprattutto spendendo pochissimo o addirittura niente.
Per artisti e band di qualche decennio fa, il guadagno stava nella vendita di dischi e produrre musica era il loro lavoro. Oggi non è più così: produrre musica è diventato solo una parte del lavoro di un musicista dei giorni nostri, che da sola non basterebbe a garantirgli introiti adeguati; il lavoro di musicista, oggi, non può prescindere anche da un’intensa attività live e dal merchandising di abbigliamento e gadget ispirato alla band o al singolo performer.
È facile intuire che ad esserne avvantaggiati siano soprattutto i grandi nomi del panorama musicale mondiale e che, allo stesso tempo, sia cambiato in maniera profonda il rapporto tra i giovani e la musica, un tempo più ricettivo, dinamico e “attivo”: quanti hanno preso una chitarra in mano ascoltando un disco? In tanti hanno cominciato a suonare proprio dopo aver sentito un disco particolare, che è stato per loro d’ispirazione. La facilità nel reperire musica oggi, inoltre, ha reso l’ascolto per certi versi meno attento perché l’oggetto-disco risulta meno prezioso di quanto non lo fosse anni fa.
Di conseguenza, per un giovane, assumono più importanza altri oggetti legati alla musica che ascolta, in primis l’abbigliamento, vero segno distintivo della propria personalità soprattutto in età adolescenziale. Ciò che è rimasto pressoché immutato nei giovani, dunque, è la tendenza ad abbracciare in toto il genere ascoltato: chi ascolta rock si vestirà con indumenti che richiamano quello stile; lo stesso discorso vale anche per gli altri generi musicali, dal rap all’hip hop, in tutte le loro sfaccettature. Molto apprezzato è, inoltre, l’abbigliamento che rimanda alla star o al gruppo preferiti, una tendenza che non è cambiata nel corso degli anni ma che, anzi, è andata rafforzandosi visto che i giovani hanno la possibilità di acquistare online con maggiore facilità magliette e quant’altro, fra un disco e l’altro scaricato e poi aggiunto alla loro discografia sullo smartphone o sul lettore mp3. Un giro di soldi che la rete ha permesso di espandere all’estremo (senza considerare i baracchini abusivi fuori dai concerti, ovvio).
Insomma, sei ciò che ascolti e ascolti ciò che indossi. Chi è stato adolescente lo sa: mai come in quel momento della vita il rapporto con la musica è stretto, forte e viscerale e ciò che si ascolta finisce per “assorbire” ciò che si sta vivendo, dalle cotte alle delusioni, comprendendo molti di quei momenti che si vivono per la prima volta. In ciò il rapporto fra giovani e musica può dirsi immutato: era così qualche decennio fa ed è così ancora oggi. Cambiano i formati, muoiono i supporti, ma non la voglia di sentirsi parte di qualcosa. Musica e identità camminano a braccetto. E portano al guinzaglio tanti soldi.
Giuseppe Caruso