Una serata che si preannunciava essere speciale già di suo quella del 26 Febbraio alla Casa Del Jazz con il nuovo progetto ”Trio 70’s” di Gianluca Petrella, Michele Papadia e Stefano Tamburrino, con ospite d’eccezione John De Leo, resa ancor più coinvolgente perché interamente registrata dal vivo e per di più sold-out. Il live entrerà a far parte della collana “Jazz Italiano Live” del Gruppo Editoriale L’Espresso, la cui prima uscita è prevista il 9 Marzo.
Di solito sono abituata ad assistere a concerti di artisti emergenti in piedi, parto anche da sola se serve, ne ho visti a decine nei paesini più sperduti, o in locali sgangherati, talvolta faccia a faccia con i musicisti sotto il palco o nelle condizioni audio più disparate. Nel 1999/2000, quando cominciai a monitorare il tour dei Quintorigo, da poco usciti dall’esperienza sanremese, rimasi folgorata dalle doti canore di John De Leo, artista trasversale, duttile e dal timbro unico, ripromettendomi di non mollarlo più. E lo feci, anche quando la notorietà del gruppo non era tale da calcare grandi palchi. Dopo tutti questi anni, complice anche la Casa del Jazz, cornice perfetta per gli ascolti più attenti, accogliente e dall’acustica curata nei minimi dettagli dalla squadra di fonici, stavolta ho potuto godere di un’eccezionale esibizione, dove John De Leo si è fatto apprezzare al massimo del suo potenziale e con una formazione strepitosa.
I musicisti che ho ascoltato sono infatti tra i migliori attualmente in circolazione – e non solo nel jazz – pregevoli per ricerca, sperimentazione e potere creativo. Un concerto che è stato un viaggio nel tempo, con repertorio Petrella/Papadia, che ha lasciato il pubblico col fiato sospeso per le magistrali capacità esecutive e la riproposizione, talvolta certosina, di atmosfere di 40 anni di musica, da cui il nome del trio appunto.
Parliamo di Gianluca Petrella, eccezionale talento del trombone, classe 1975 con 20 anni di pluripremiata carriera durante i quali ha esplorato territori limitrofi o anche antitetici a quelli del jazz, spaziando tra funk, black music, nujazz, elettronica e rock e con l’attivo diversi progetti collaborazioni con numerosi musicisti e band.
All’intramontabile organo Hammond, Würlitzer, Moog e altre diavolerie elettroniche, si dimenava Michele Papadia. Pianista, organista e tastierista apprezzato in Europa, Stati Uniti e Giappone, docente alla Saint Louis College of Music di Roma, molto attivo con diverse formazioni e collaborazioni con musicisti di fama e con vari background musicali.
Come se non fossero già abbastanza giovani Papadia e Petrella, il trio si completa con la presenza di Stefano Tamborrino alla batteria, percussioni e live electronics, un incredibile autodidatta che in meno di 10 anni si è affermato come una delle stelle della scena jazz italiana, spaziando in molti generi e condividendo palchi con artisti di primo livello, anche qui, sia in Italia che nel mondo.
Tra i momenti più curiosi del live, quando Tamborrino ha sfoggiato uno strumento in cui percuoteva una serie di chiavi in metallo, da lui stesso elaborato grazie al suo interesse per il suono e la martellatura. Sembra addirittura che realizzi i piatti in bronzo da solo e a mano!
John De Leo, che si orientava con eleganza e maestria tra sonorità anni 70 e più avveniristici suoni digitali, è stato la ciliegina sulla torta di una serata che meglio di così non poteva andare, in cui gli artisti hanno creato con le persone in sala una tale tensione espressiva, che ogni applauso esplodeva nelle mani del pubblico in modo fragoroso ed entusiasta, quasi a voler testimoniare la consapevolezza di far parte di un album che potranno a breve riascoltare.
Il Trio 70’s + John De Leo ci ha offerto uno spettacolo di due generose ore, non negando disponibilità e attenzioni neanche dopo il concerto sotto il palco, col sorriso e l’adrenalina di chi ha appena scritto un pezzo di musica e iniziato una nuova fruttuosa e speriamo, sempre così fertile, avventura.
Eleonora Bove