– di Edoardo Biocco.
foto di Matteo Casilli –
In tempi di quarantena e reclusione forzata, penso sia naturale sciogliere la briglia delle riflessioni. Proprio ascoltando l’album d’esordio di Tōru, “Domani”, mi sono ritrovato a chiedermi quale eredità abbia lasciato lo sfavillante decennio indie all’interno delle produzioni del 2020.
Sicuramente nell’album in questione fin dalle prime tracce ci si rende conto di come, almeno nello stile e nel cantato, Tōru abbia quasi ricalcato l’ormai celeberrimo modus de I Cani, sostituendo nei testi alcune tematiche, focalizzandosi su un aspetto intimista.
“Domani”, infatti è un album che chiede di essere ascoltato per bene e gradualmente, perché se di primo acchito, distrattamente può davvero sembrare solo il residuo di quello che da indie si è trasformato nel nuovo pop, man mano che si procede verso la decima traccia diventa sempre più chiara la voglia di raccontarsi di Tōru.
Svanisce presto il confronto con Contessa e colleghi vari, poco più di un’esca delle prime due o tre canzoni, e rimane l’analisi di una serie di stati d’animo, di immagini con cui cerca di costruire un percorso di crescita.
Tōru prova ad esprimere quanto sia difficile l’atto di comprensione fra le persone e come ognuno di noi appartenga ad un universo personale, una cosmologia architettata su misura tanto che nella propria stanza anche le lampadine diventano stelle.
Per un puro caso ci ritroviamo ad avere la possibilità di ascoltare “Domani” in una cornice storica come questa, che nel chiederci responsabilità ci vuole (giustamente) un po’ più chiusi nel nostro mondo, tutti sotto al nostro cielo, con l’opportunità, però, di conoscere noi stessi più a fondo. E compiere quest’operazione facendo andare “Domani” nelle cuffie, è probabilmente una buona mossa, sia perché ci rinnova la speranza, sia perché riesce ad evitare dei toni retorici, piccola impresa non così semplice quando si ha a che fare con una sfera così tanto intima.
Nel frattempo sono certo che Tōru si scrollerà presto di dosso la polvere che l’indie ha lasciato cadere sul cantautorato italiano, e mostrerà con più sicurezza un’identità di cui fin ora ci ha dato solo un assaggio.