Tony Hadley, ex cantante degli Spandau Ballet, torna in Italia per presentare degli show esclusivi. Sarà con orchestra a Roma e Verona. Ne abbiamo parlato con lui.
– di Riccardo De Stefano –
Non sono sicuro come le cose accadano, ma le coincidenze spesso mi fanno sorridere. Quando mi chiedono di intervistare Tony Hadley – ex frontman degli Spandau Ballet – mi trovo a Berlino, su un treno diretto proprio a Spandau. Lui, nel frattempo è in giro per l’Europa e si avvicina a Roma dove suonerà in orchestra. Ecco cosa ci siamo detti.
Il “Mad About You” tour prevede due eventi speciali in Italia, durante i quali suonerai con l’Orchestra Bruno Maderna, a Roma (Ostia) e a Verona. Come ti è venuta l’idea di suonare con l’orchestra in posti così particolari?
Nel corso degli anni ho avuto la fortuna di poter suonare con molte orchestre in giro per l’Europa, anche sinfoniche. In Italia ho già lavorato con delle orchestre, ne avete di fantastiche. Volevo fare qualcosa di un po’ diverso, e ho pensato di metter su uno show molto grande con un’intera orchestra. Suonerò con la mia band, circondato da un’orchestra. L’idea era di offrire qualcosa di davvero speciale.
È la prima volta che suoni in un teatro antico?
Ho suonato a Verona in passato, con gli Spandau. Sicuramente sono posti meravigliosi, mi viene in mente anche Taormina e il suo teatro stupendo.
Sei uno dei più importanti musicisti della scena pop anni 80. Poi hai suonato con la The Fabulous TH Band e adesso sarai affiancato da un’orchestra. Come coniughi i diversi linguaggi della musica pop, rock e classica?
Penso che semplicemente ogni linguaggio musicale funzioni: se hai uno spartito, lo puoi suonare in versione pop, rock oppure darlo in mano ai violini di un’orchestra. Questa è l’idea: un cantante può suonare con la band, ma se ha un’orchestra alle spalle è un vero e proprio sogno che diventa realtà.
Sei molto conosciuto in Italia, dove hai suonato anche con molti artisti italiani. Penso a Caparezza, Nina Zilli, Arisa a Sanremo. Che opinione hai della musica pop italiana e degli artisti con cui hai lavorato?
Sono stati tutti fantastici, molto professionali. Il bello della musica italiana è che è molto melodica e penso che questo sia il motivo per cui nei primi anni Ottanta gli italiani ascoltavano così tanto gli Spandau Ballet, in particolare le canzoni più melodiche. Anche se pensi alla storia della musica italiana, le canzoni sono sempre state incredibilmente melodiche.
Una delle canzoni più commoventi che hai cantato di recente è “I Was Only Sixteen”, scritta da ragazzi anche giovanissimi che vivono una situazione molto pesante. La canzone è stata scritta a supporto dell’Associazione Bianca Garavaglia con Faso, un bassista molto conosciuto. Il testo della canzone è anche molto intenso, come è stato lavorare con un materiale del genere?
Faso mi ha fatto questa proposta che ho subito accettato, il pezzo era molto bello, con elementi che richiamano i Queen e le armonie. Non penso che ci sia qualcuno al mondo che non sia stato toccato dal tumore: tutti, giovani e non, in ogni parte del mondo, hanno avuto a che fare in qualche modo con il cancro. Penso sia importante creare consapevolezza, e non c’è modo migliore che farlo a partire da chi è coinvolto.
Il testo è stato scritto dai ragazzi, teenagers, questo è molto bello. Ho provato a tradurre nel migliore dei modi, ma trovo che loro in primis abbiano fatto un lavoro incredibile.
Come dicevo prima, sei uno degli eroi degli anni Ottanta. La musica è cambiata molto da allora, in tempi recenti molti artisti tornano a essere fortemente influenzati da quegli anni. Come mai, cosa c’è in comune tra la musica di oggi e quella degli anni Ottanta?
Credo che fossero semplicemente canzoni bellissime e cantate da grandi artisti, pensa ad esempio ai Duran Duran, ai Culture Club, agli Human League o ai Depeche Mode. Erano tutti molto diversi gli uni dagli altri, ma tutti parte della stessa Era, quella degli anni Ottanta. I cantanti, mi viene in mente George Michael, erano molto riconoscibili.
È stato anche un decennio pieno di eventi: la caduta del Muro, la fine della Guerra Fredda, i cambiamenti economici e anche di mentalità in tutto il mondo. È un decennio interessante e affascinante, ripensare a quell’epoca non lascia indifferenti. Dal punto di vista musicale, ci sono cose terribili e cose molto interessanti, penso che sia proprio a queste ultime che pensano gli artisti che vogliono portare un po’ di anni Ottanta nel 2023.