– di Roberta Staffieri –
Alternative-rock, low-fi, cyber punk e noise pop. È questa la composizione chimica del mare in cui nuotano i Tonno, la band toscana firmata Woodworm tra le più interessanti del panorama undergound italiano che il 18 novembre sono usciti con il loro nuovo album “Miracolosamente illesi”. È una raccolta di 8 brani prodotti da Tommaso Colliva disponibile in versione fisica e vinile (con 3 ghost track) dal 9 dicembre.
I brani sono nati da tanti momenti diversi, tra pandemia, guerre, cambi di lavoro, traslochi e relazioni che finiscono e che vuole raccontare che, nonostante tutto, se ne può uscire in piedi, o meglio, “miracolosamente illesi”. C’è qualcosa che i ragazzi sono convinti sia fondamentale per salvarsi dalla routine, dal caos della vita di ogni giorno: la musica, un appiglio e una possibilità di trasformare in qualcosa che ha un senso tutto quello che ci lascia confusi, ma soprattutto essere consapevoli di quali sono le proprie passioni e seguirle. E a proposito di passioni, in “MIRACOLOSAMENTE ILLESI” i Tonno, hanno rinunciato a quella per il low-fi per far suonare il disco in modo “classic” e creare un accompagnamento strumentale che calzasse con la scrittura più “seria” dei pezzi. È un album in cui ogni canzone è un mondo sonoro a sé come fossero tante tracce 1 di 8 ipotetici dischi, un lavoro che conserva la voglia di suonare per il gusto di farlo, è disseminato di jam session, assoli, divagazioni e deviazioni, strutture non ortodosse, ripetizioni ossessive e flussi di coscienza.
«“Miracolosamente Illesi”– racconta la band – è un abbraccio e l’abbraccio è una di quelle cose che ci si dà a vicenda dopo che qualcosa di molto bello o qualcosa di molto brutto è successo. Un gesto semplice in una storia complicata. Le canzoni che ci sono dentro sono fatte alla stessa maniera e sono il nostro omaggio a tutti gli impatti e le collisioni che deviano la nostra traiettoria: a volte andare a casa, quasi sempre andare a caso».
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con loro per saperne di più.
Ciao ragazzi! Com’è nato “Miracolosamente illesi”?
È nato un pezzo alla volta. Quando ci siamo fermati per entrare in studio avevamo moltissime canzoni su cui lavorare, alcune quasi finite e altre solo abbozzate. Abbiamo fatto una selezione, unendo anche pezzi scritti a distanza di anni, che ci sembrava al suo interno coerente. Ci siamo accorti a lavoro finito che avevamo prediletto tematiche di un certo tipo e che il tema generale era il desiderio di affrontare e superare questi anni di cambiamenti intensi e a volte dolorosi.
Cos’ha di diverso questo lavoro rispetto alle vostre precedenti uscite?
Sicuramente differisce in due aspetti fondamentali. Il primo è la scrittura, fatta molto meno di frasi isolate e “autosufficienti” e più di tematiche focus intorno alle quali abbiamo cucito i testi. L’altra è la produzione: ci siamo un po’ affrancati dall’idea di garage a tutti i costi e abbiamo cercato di creare qualcosa che a suo modo suonasse “classic”. In questo il lavoro di Tommaso Colliva è stato per noi veramente incredibile e ci ha fatto vedere la nostra stessa musica sotto una luce per noi completamente nuova.
Secondo voi che tempi sono questi per la musica? E per tutto il resto?
Sono tempi imprevedibili per la musica, sembra che non ci sia un iter o una formula universale per far funzionare le cose: ognuno coltiva un percorso sempre più personale, per alcuni funzionano le scorciatoie e per altri la gavetta, per altri non funziona niente. Noi cerchiamo un equilibrio in questo caos tutelando la musica come il nostro recinto sacro dentro al quale stare al sicuro.
Riguardo al resto, tutto è perduto per sempre.
Se doveste scegliere quattro album che possano descrivere questi tempi e dei semplici modi per uscirne, quali sarebbero?
Modi per uscire da questo mondo?
Hiroshi Yoshimura – Green: per sentirsi puliti e al sicuro
Lorn – Maze to Nowhere: per l’oscuro mondo cyber-decadente che ci aspetta da oggi fino alla nostra estinzione fra pochi anni
Mick Gordon – Doom Original Game Soundtrack: perché tutto è brutale e dobbiamo diventarlo anche noi a volte
Deru – 1979: per lo strano senso di sospensione che viviamo di continuo come se fossimo usciti di casa e ci fossimo scordati qualcosa ma non si sa cosa
PS: Sono tutti strumentali per fortuna.
Musica ed estetica. Quanto è importante questo legame per voi?
L’estetica in realtà è un insieme ancora più grande, che racchiude anche la musica. A noi interessa proporre una nostra personale estetica, un nostro mondo di immagini e linguaggi con le sue strane leggi ed equilibri. Questo si ripercuote in tutto quello che facciamo, che sia musica, disegno, parola o performance. Tonno è un ecosistema in cui l’animale musica a volte mangia l’animale immagine e a volte avviene il contrario.