Incontreremo questo disco anche nel prossimo numero di ExitWell cartaceo. Per ora lo approfondiamo come possibile qui, con una splendida intervista. Dico “come possibile” perché è sempre difficile se non impossibile incorniciare tutto il mondo di un cantautore dentro poche righe di un articolo che alla fine, risulterà sempre incompleto e “banale”. Un cantautore come Tommaso Talarico poi che mette in scena un background di grande cultura classica, di quella che è la tradizione della canzone d’autore italiana. In questo disco dal titolo “Viandanti (Canzoni da un tempo distante)” pubblicato dalla RadiciMusic di Firenze, il nostro da voce a 11 scritture inedite e personali, vestendole di leggerezza e introspezione. Sfoglia le pagine della sua terra dove sono alti e precisi i richiami a tematiche sociali impegnate, caratteristica questa che permea praticamente tutto il lavoro. Come la stessa traccia di apertura della tracklist “In nome di Dio” lancia una per niente celata riflessione sui vertici del potere popolare dissacrando i miti e le istituzioni, addirittura chiamando in causa la presenza (speranza) di un Dio volendo come qualcosa che torni ad appartenere (almeno lui) al popolo quotidiano. Potremmo continuare in questa direzione rilevando quasi in ogni canzone ampie analisi della vita di tutti, persino nella romanticissima “Eolie”, canzone d’amore di alto profilo, che nasconde tra le righe (almeno a mio giudizio) un invito all’introspezione di se piuttosto (generalizzando la lettura) quel parcheggiarsi vigliacco in un comodo accontentarsi. La visione del tutto è incorniciata in un suono dalle soluzioni semplici e da quella ballata pop leggera che non cerca trasgressioni e arrangiamenti modaioli. Per rispondere dunque allo stesso Talarico che mi lancia una controdomanda proprio all’inizio di questa intervista: per trasgressione intendiamo quel certo modo di confezionare e concepire oggi la musica d’autore nel quale sono divenuti assolutamente di moda suoni distorti se non addirittura totalmente digitali e plastificati, strutture estetiche tra strofa e ritornello prive di una logica pop classica e quelle voci che rimandano più a ambientazioni post-atomiche che alla tradizione del nostro bel canto. Come a dire: un tempo la normalità erano “Fossati e De Gregori” oggi non ci stupiamo affatto di ascoltare derive spirituali come quelle di Carmine Tundo. La semplicità acqua e sapone di Tommaso Talarico non ci sta all’omologazione e dimostra di non interessarsi alle etichette di scena. La scrittura dunque resta spontanea, priva di filtri, figlia dell’anima e solo di quella.
Grandi classici dentro la canzone d’autore di Tommaso Talarico. Cosa ti spinge verso una direzione del genere piuttosto che cercare la trasgressione?
Se solo ci fosse la possibilità, mi piacerebbe rispondere con una controdomanda: cosa si intende per trasgressione nella musica leggera odierna? Non ho scelto di scrivere canzoni in un certo modo, mi viene naturale. Nell’album c’è la canzone d’autore più classica, il rock, ci sono fughe jazz e pop. Le mie canzoni sono storie, ne ho immaginato la colonna sonora. Questo è il mio modo di lavorare, non ho preso in considerazione, né mai prenderò in considerazione, l’idea di scrivere un pezzo per essere trasgressivo. Non serve.
Elettronica. Oggi che è divenuto un tassello quasi fondamentale della canzone. Tu come l’hai accolta e gestita?
Fondamentale l’elettronica? No, non credo. E’ una possibilità come un’altra, niente di più, a meno che non ci sia qualche legge che impone di usarla, in quel caso provvederò immediatamente a conformarmi! A parte gli scherzi, a me l’elettronica piace molto. Per le canzoni di questo album, per la loro forma e struttura, per ciò che raccontano, volevo arrangiamenti completamente “suonati”. In fase di pre-produzione c’era un pezzo arrangiato completamente in chiave elettronica, ma poi non è entrato nel disco.
Una domanda sociale che sembra tornare spesso come sensazione in questo disco: nella realtà c’è la tua vita da professionista o quella dell’artista? Chi si nasconde a chi?
Non so se ho capito bene la domanda. Provo a rispondere, comunque. Le mie canzoni sono spesso delle storie, con molti personaggi. Ho tentato di raccontare la solitudine urbana, lo sfilacciamento dei rapporti interpersonali, la mancanza di punti di riferimento dentro al mondo scintillante del nuovo consumismo. Tutto ciò non necessariamente riguarda me come persona o artista. Magari raccontare vicende altrui serve a mascherare il pudore di raccontare se stessi in prima persona. Lasciamo questo dubbio.
Un disco omogeneo e coerente. Come esordio gode di tanta maturità. Ma perché aspettare tanto prima dar voce alle tue scritture?
Le vicende della vita spesso conducono verso strade inaspettate. Penso che ogni cosa arrivi a suo tempo, forse semplicemente questo era il momento giusto
Ed oggi sei già pronto per un nuovo disco o un nuovo video?
Il lavoro di scrittura e composizione è qualcosa di continuo, anche durante la lavorazione del disco ho scritto nuove canzoni. Non è detto però che finiranno dentro a un album. Dopo l’ispirazione iniziale c’è un processo di rielaborazione del tutto. Le canzoni devono sedimentare, convincermi fino in fondo. Molte vengono cestinate. Di sicuro tra pochissimo tempo ci sarà una novità, o forse due. Non so se prima un nuovo singolo o un nuovo video.