– di Paolo Pescopio –
Oh, Tommaso Paradiso, Tommaso Paradiso, perché non sei tu, Tommaso Paradiso?
Se qualcuno s’illudeva che dopo i Thegiornalisti non avremmo più sentito parlare di Tommaso Paradiso, be’, si sbagliava di grosso. Ne abbiamo avuti un bel po’, di singoli: “La stagione del cancro e del leone” è esattamente il sesto, che arriva dopo che l’uscita dell’attesissimo (davvero?) album d’esordio solista del cantautore è stata nuovamente rimandata – stavolta a marzo 2022.
Dispiace vedere che un produttore abile come Federico Nardelli, al lavoro con artisti estremamente validi e “freschi” come Fulminacci e tra i più poliedrici produttori nostrani, si presti, complice, all’ennesima parodia che Tommaso Paradiso fa di se stesso.
Sì, perché dai, chi vogliamo prendere in giro? È da tanto, tanto tempo che Paradiso non fa altro che questo: prendere un’immagine artefatta di se stesso nei suoi “anni d’oro” con i Thegiornalisti e copiarsi, con risultati sempre più deludenti man mano che il tempo passa. Passando dall’essere una brutta copia di Luca Carboni a una copia carbone della peggiore versione di se stesso.
Io credo nel grandissimo potere di convincimento dei media: non dubito che qualsiasi mostro questo “”progetto artistico”” partorirà come album avrà un successo quantomeno discreto, farà il suo buon numero di stream, sono certo che un bel po’ di gente ci andrà pure, ai live di Tommaso Paradiso; penso che ci sarà pure una certa quantità di merchandising venduto.
Ma guardandoci in faccia e diciamocelo: c’era davvero bisogno di una canzone come “La stagione del cancro e del leone” o come qualsiasi altra delle canzoni di questo Tommaso Paradiso dell’ultimo periodo? C’era davvero bisogno di: «Ma che splendida mattina / E che gioia questi alberi / L’aria fresca sa di pino / Serve una musica tipo, tipo / Tipo questa», o di: «Ci vogliamo alzare / La scuola è finita / La messa è finita / L’ho sentito pure al televisore / E invece la stagione del cancro e del leonе / La dobbiamo giocare noi»?
Mi viene da dire, sinceramente, che questa canzone sia il nulla. È il mio lavoro, vi assicuro che m’impegno un sacco, ma non riesco assolutamente a trovare un motivo per ascoltarla di nuovo, dopo essermi avventurato in quest’impresa una prima volta – e addirittura una seconda, non sia mai che magari mi fossi perso qualche dettaglio. Non è interessante, non è originale, non è neanche fatta bene. Non trovo una singola nota di merito, ma un sacco di note che potevano non essere sprecate in questo modo.
Mi dispiace, ma forse dobbiamo anche porre un limite a questo costante “va bene tutto” imperante nel mercato discografico di questi tempi, a quest’inno alla mediocrità, biascicato forte in ogni spaziato mediatico che resta alla musica italiana.
Io in alcuni punti sento Curreri con La faccia delle donne, sbaglio?
E vero