– di Riccardo De Stefano –
Anche le varie location sono interessanti. Siamo in un momento in cui è difficile organizzare qualcosa in un solo luogo, voi invece state proponendo una programmazione che si sviluppa in location diverse all’interno della stessa città. Come avete pensato questi spazi? Come li avete scelti, come vi siete mossi nel realizzare questi nuovi eventi?
Anche questo fa parte di quell’identità del festival, che abbiamo cercato di tutelare e valorizzare ogni anno di più dalla sua nascita, nel 2015. Quest’anno abbiamo dovuto fare delle scelte a volte radicali. Avremmo dovuto rinunciare ad un intero palco, quello collocato nella zona dello stabilimento Incet, un’ex fabbrica di inizio Novecento, che negli anni passati ha visto esibirsi da Carpenter ai Soulwax. Quando abbiamo iniziato ad architettare il festival esistevano ancora il coprifuoco, le limitazioni di capienza che rendevano impossibile utilizzare quel palco, notoriamente un palco notturno. Però non abbiamo voluto rinunciare e ci siamo inventati altre cose. Innanzitutto, non è più soltanto la musica dal vivo, ma quella stessa fabbrica diventa un po’ il quartier generale che ospita una serie di progetti che vanno da talk, panel, installazioni, performance, conferenze per addetti ai lavori e non soltanto, che parlano di musica, sostenibilità e tante altre cose.
Poi ci siamo inventati altri palchi. Normalmente, in Italia chiamiamo festival cose che non lo sono: un festival dovrebbe essere organizzato su più palchi. È molto complesso da organizzare, soprattutto rispetto a tutti i protocolli vigenti in questo momento, che si aggiungono ai protocolli già esistenti sul pubblico spettacolo, già molto limitativi, ma è quello che abbiamo scelto di fare: un festival. Un festival si sviluppa dal primo pomeriggio a notte fonda, su più palchi, in questo caso ne utilizzeremo principalmente due o tre, facilmente raggiungibili a piedi l’uno dall’altro, con progetti speciali. L’altro palco si trova al parco Peccei, il primo parco completamente ecosostenibile d’Italia. Quest’anno ospita su due giornate un artista italiano, Tutti Fenomeni, che l’anno scorso ha dovuto fermare il tour a causa del covid, e questo super progetto, Les Amazones D’Afrique. Il tema anche molto caldo delle presenze femminili nei festival è centrale, parliamo di donne africane che ballano la loro musica.
I più giovani ormai si basano sugli ascolti Spotify. Volevo chiederti come convinceresti un ragazzo, magari un diciottenne che non conosce i nomi in cartellone a venire al TOdays Festival?
Cercherei di fargli capire che la ragione per cui venire è proprio perché non li conosce. In Italia, tendiamo a confondere intrattenimento e cultura. L’intrattenimento appartiene ad un ambito più commerciale, in cui è tutto preconfezionato sulla base delle indagini fatte da Spotify, ad esempio. La cultura invece presuppone che ci sia intrattenimento o divertimento, ma non solo quello. È un momento di formazione, per giovani e adulti. Andando a un concerto formo le mie idee, le mie emozioni, le mie relazioni: divento una persona migliore. L’Italia è un Paese in cui si va a vedere sempre la stessa cosa, lo stesso concerto. L’obiettivo di un festival è creare tensione all’interno. Si va ad un festival per lasciarsi contaminare, per vivere delle emozioni che non si conoscono e scoprire cose nuove.
Stiamo uscendo da un periodo tragico e non sappiamo cosa succederà. C’è la possibilità di pensare che il mondo della musica stia cambiando, in meglio o in peggio? Come vediamo la musica dal vivo in Italia per la prossima stagione e l’eventuale il TOdays del 2022, tornerà tutto come prima?
Tornare come era prima sarebbe sbagliato: c’erano tantissime cose che non funzionavano. Ad esempio, la sostenibilità: ci sono più persone che suonano rispetto alla gente che va ai concerti, siamo in un Paese in cui vengono scritti più libri di quanti se ne leggano. Bisogna partire da alcuni concetti: il talento non è democratico, non tutti hanno talento. Tutti hanno il diritto a suonare, ma non tutti necessariamente su un palco. Il pubblico è il protagonista, il primo azionista di un concerto, e bisogna dargli gli elementi per distinguere le cose, come l’intrattenimento puro dalla cultura. Un altro problema è che l’offerta deve rispondere a una domanda concreta del territorio, adesso l’offerta supera la domanda; ci sono troppe proposte e spesso di qualità scadente.
Un’altra cosa è la cosiddetta “condizione del sold out”. Ad oggi, per organizzare un evento che vada a zero (quindi non guadagnando nulla e non potendo fare imprenditoria culturale) bisogna fare sold out. Questo vuol dire che si lavora con il massimo sforzo per ottenere il minimo risultato. Fin quando non si scardinano questi paradossi, è difficile pensare che il mondo della musica e dello spettacolo, così sfaccettato, possa migliorare. Si è visto in questo anno e mezzo: è stato un mondo non rappresentato e, quando rappresentato, rappresentato in maniera disgiunta. Non vedo il futuro molto roseo, la cultura è in crisi da tanti anni e in questo anno e mezzo non siamo riusciti ad affrontare temi importanti quali il riconoscimento dei festival e dei locali come luoghi di presidio culturale. Riconoscere un presidio culturale, come hanno fatto per i festival in Germania, significa dare accessibilità ai più giovani, avere una detassazione e fare investimenti. Vedo difficile una ripartenza sana e sostenibile. Ci sono delle oasi di eccellenze in Italia, che portano avanti le cose con ostinazione, ma spesso rimangono oasi.
Comunque, ci vediamo sicuramente al TOdays Festival nel 2022, no?
Non posso dire “sicuramente”. L’Italia è uno di quei paesi dove da un anno all’altro non riesci ad avere la garanzia che quello che hai fatto potrà avvenire nuovamente e crescere. Noi in Italia non sappiamo cosa accadrà quest’anno, magari si sta seduti, magari in piedi. Figurati come potremmo pensare al 2022. Questo crea tante difficoltà anche a livello di potere contrattuale con le band. Per questo, ritornando a una risposta (un po’ meno romantica) che avrei potuto darti alle domande precedenti, alla fin fine in Italia metti in line up chi puoi permetterti di pagare e chi c’è in quel momento. Siamo un paese che non permette di avere quel potere contrattuale. Gli artisti lasciano i cosiddetti day off, che riempiono con l’Italia in mezzo ad altri festival eccellenti. Quindi sì, ci sarà della volontà nel 2022 da parte nostra e spero di tanti altri, ma diventa difficile pensarci adesso. Ogni volta bisogna col massimo sforzo ricominciare tutto da capo.
TODAYS FESTIVAL – PROGRAMMA COMPLETO
GIOVEDÌ 26 AGOSTO 2021
EX FABBRICA INCET
TOLAB
Ingresso gratuito – h 14:00 – 18:00
sPAZIO211
Apertura porte: h 19:00
VENERDÌ 27 AGOSTO 2021
EX FABBRICA INCET
TOLAB
Ingresso gratuito – h 14-18
sPAZIO211
Apertura porte: h 19:00
Inizio concerti: h 20:00
Fine concerti: h 00:00
20:00 I HATE MY VILLAGE
21.30 BLACK MIDI (data unica italiana)
23.00 TEHO TEARDO suona La Jetèe (anteprima esclusiva)
SABATO 28 AGOSTO 2021
EX FABBRICA INCET
TOLAB
Ingresso gratuito – h 14-18
PARCO PECCEI open air
Ingresso gratuito (prenotazione obbligatoria)
16.00 TUTTI FENOMENI
sPAZIO211
Apertura porte: h 19:00
Inizio concerti: h 20:00
Fine concerti: h 00:00
20:00 IOSONOUNCANE
21.30 BLACK COUNTRY NEW ROAD
23.00 THE COMET IS COMING
DOMENICA 29 AGOSTO 2021
EX FABBRICA INCET
TOLAB
Ingresso gratuito – h 14-18
PARCO PECCEI open air
Ingresso gratuito (prenotazione obbligatoria)
16.00 LES AMAZONES D’AFRIQUE (data unica italiana)
sPAZIO211
Apertura porte: h 19:00
Inizio concerti: h 20:00
Fine concerti: h 00:00
20:00 ARLO PARKS
21.30 MOTTA
23.00 SHAME