– di Giacomo Daneluzzo –
Toccaterra. Un imperativo accennato, sussurrato, allentato dallo spazio mancato tra le due parole. È questa la forza del titolo dell’esordio discografico di Emma Nolde, giovanissima cantautrice toscana; un titolo evocativo, chiaro negli intenti e capace al contempo di trasmettere in modo estremamente efficace un preciso senso di labilità. Un invito alla realtà, a dare importanza al concreto (la terra), abbandonando strutture mentali troppo distanti dalla realtà tangibile e mettendosi in gioco. Ma in quest’invito è sottesa una problematicità intrinseca nella realizzazione di quest’intento. “È difficile viversi il momento senza fare un passo incerto ma da domani se cammino è perché io ho fatto il primo passo”. Così Emma Nolde esprime questo concetto nella title track.
In effetti ogni traccia di Toccaterra è intrisa di emozioni forti, incontenibili, spesso malinconiche, altre volte più radiose; echeggiano ricordi agrodolci, immagini di viaggi, esperienze, pezzi di vita. Le immagini e i profili delineati da Emma Nolde nelle varie canzoni sono immediati, intuitivi; c’è molta riflessione, sensibilità nei confronti della quotidianità, ma allo stesso tempo anche una grande capacità di trasmettere in modo molto diretto uno sfaccettato mondo interiore, fatto di luci e ombre. La cantautrice si confronta con storie passate, ma anche con i mutamenti interiori e con l’instabilità portata dai cambiamenti.
Musicalmente, Toccaterra risulta piacevolmente sperimentale, oltre che curato nei dettagli per quanto riguarda arrangiamenti e produzioni. L’album ha un cuore cantautorale e “acustico”, ma la contaminazione elettronica è spesso preponderante e si alterna a passaggi più vicini al folk e al rock, creando paesaggi sonori insoliti, originali e con declinazioni differenti in ogni traccia. Nero ardesia, Berlino e (male) sono delle perle di sperimentazione in cui l’attribuzione di un preciso genere musicale risulta inevitabilmente limitante; Sorrisi viola, costruita su una base di chitarra acustica, è introdotta dalla voce a cappella di Emma Nolde, capace di passare da una grande delicatezza a un’energia dirompente all’interno della stessa traccia, adattandosi perfettamente ai “mood” attraversati nel corso del disco.
La scommessa di Woodworm e Polydor Records sulla diciannovenne Emma Nolde è senz’altro vinta; Toccaterra è una derivazione pulita, raffinata ed equilibrata di stimoli eterogenei, tra l’urban, il pop cantautorale e molto altro. In un panorama in cui a ogni progetto viene affibbiato, spesso superficialmente, il riconoscimento di “cantautorato”, Toccaterra rappresenta una direzione possibile – e a mio parere auspicabile – del “nuovo cantautorato italiano”.