di Giuseppe Zibella.
Staccarsi senza alcun malumore dal gruppo storico, i C+C=Maxigross, per il bisogno di una propria identità. Prendere poi un treno ed avere in tasca una manciata di canzoni appena. Fare un tour di due mesi in solitaria con l’unico ausilio di una chitarra. E solamente dopo decine e decine di intimi live, registrare e lanciare il primo album da solista.
È attraverso questa operazione al contrario, parecchio anticonvenzionale e all’apparenza controproducente, che Tobjah ed il suo primogenito “Casa, Finalmente” ricevono il loro battesimo musicale. Un lavoro attento e centellinato , di produzione lo-fi, che gioca molto sulle melodie vocali di Poltronieri e sulle percussioni tutt’intorno, creando scenari particolarmente suggestivi dalle atmosfere rarefatte.
Deliri tantrici e infusi di tranquillità si disperdono tra gong e vibrafoni, all’ombra di alberi di melograno o lungo quei percorsi dettati dalle rotaie.
Una psichedelia acustica di stampo minimal, spogliata di decorazioni aggiuntive e ridotta all’osso, nel tentativo di renderla quanto più spirituale possibile. Così le chitarre sono pizzicate e a malapena fingono una ritmica sostenuta, generando un effetto calmante che trova conferma ulteriore nelle vibrazioni tremolanti della batteria.
Da sottolineare il mood tropicale e sabbioso in “La Canzone Del Melograno” e la perfetta complicità assunta dal pianoforte e dalla tromba jazz nel breve intermezzo strumentale che unisce il cantato in “Giuro Non So che Fare”.
Seppur etichettato come disco solista, in realtà “Casa, Finalmente” conta numerose collaborazioni e sodalizi, donando un respiro implicitamente corale all’intero prodotto.
La prima prova di Tobjah suggerisce un principio ed una fine, nell’inizio di un lungo movimento perpetuo, anticamera del viaggio (“Io Mi Muovevo”), culminante con l’approdo e la consapevolezza (“Forte Luce”). Ma è solo il primo pellegrinare. Chissà dove lo trasporterà il prossimo vagone.