Non è per quell’insopportabile campanilismo che spesso si parla con stupore di band italiane con sound internazionale, ma perché, effettivamente, quel tipo di sound lì non ce l’hanno tutti. Sia chiaro, non è un bene o un male assoluto. È una questione relativa (e te pareva): è un bene quando si ottiene un certo sound con naturalezza creativa e senza forzature; è un male quando si insegue e si rincorre un target di sonorità che continuerà a sfuggire, come una preda veloce al cacciatore orbo. A quel punto è meglio restare nel proprio giardino, bellissimo tra le altre cose, ed evitare di guardare a quello del vicino. Perché il rischio è quello di scimmiottare qualcosa di assolutamente troppo distante da sé, non migliore, semplicemente qualcosa che non è nelle proprie corde. Ora, terminato questo cappello fin troppo lungo, è chiaro che per i Tiger! Shit! Tiger! Tiger! non ci sia mai stato il problema di non saper agguantare quel certo tipo di sound “internazionale”. Sono di Foligno, ma non è che ci si creda tanto. Può essere forse il loro luogo di nascita, ma le radici musicali sono altrove, tipo nella calca agitata della New York dei Sonic Youth o nell’altra estremità del continente americano come la California dei Pavement. Sempre di Umbria a stelle e strisce si parla.
Il loro ultimo album si intitola “Corners” ed è il quarto in studio dopo una lunga attività iniziata nel 2008. Il trio riprende da dove si era fermato con “Forever Young” nel 2013, chitarre distorte e pastose, ritmiche sostenute e riff melodici che spiccano su quest’insieme compatto di strumenti insieme alla voce che, per scelta stilistica, non si ritaglia mai un proprio spazio indipendente dal tutto.
Le chitarre sono più forti rispetto al passato, a volte più indie-punk (“Weird Times”) altre più psichedeliche e allucinate (“Sacramento”), ma nell’insieme si sente un peso maggiore su tutta la produzione del disco facendo di “Corners” il lavoro più monolitico e forse impegnativo della band. Attenzione, questa è una nota di merito perché in un emisfero che vuole essere sempre più frivolo e anni ‘80 i Tiger! premono sempre di più sul gain blindandosi, invece, un nel decennio successivo, gli anni ’90.
Ci vuole coraggio, dimestichezza, capacità e una sana dose di menefreghismo per rincarare la dose e decidere di appesantire i suoni, aggiungere distorsioni alle chitarre, amalgamare ancora di più gli strumenti, attingere a pionieri del genere come i Pixies (“Girls”) a piene mani. “Corners” funziona perché è così come lo si sente, non si specchia con invidia in un riflesso che non gli appartiene. I Tiger! suonano come i Tiger! e a noi piacciono così come sono.
Gianluca Grasselli