Passano gli anni, scivolano via i dischi, ma gli Zen Circus ci sono ancora. Anzi, se Viva aveva tracciato il percorso, La terza guerra mondiale ha spalancato i cancelli, proiettando la band verso un pubblico sempre più grande, permettendo agli Zen non solo di sopravvivere al decennio e all’inevitabile invecchiamento, ma di essere uno dei gruppi di punta oggi.
Certo, gli aficionados di Andate tutti affanculo forse storceranno il naso per questo Il fuoco in una stanza, ma bisogna dare il giusto merito alla band: ha saputo evolversi senza tradirsi. L’ingresso del “Maestro” Pellegrini non è solo un nome aggiunto ai crediti, ma una reale presenza sonora, che allontana la band dalle radici folk/acustiche dell’esordio – ed è un bene, s’intenda. Liricamente densissimo, l’album rivela un volto inedito di Andrea Appino, che a quasi 40 anni si scopre forse costretto a guardare dentro sé e a tirare fuori tutto il sepolto dell’inconscio. In un disco il cui tema portante è quello dei rapporti umani, dei sentimenti, delle Catene che ci tengono legati e non ci fanno perdere, o ci imprigionano, il sentimentalismo viene transustanziato con una intera orchestra d’archi – a metà tra Sanremo e George Martin.
Così, la title track Il fuoco in una stanza s’eterna in un instant classic da cantare a squarciagola, ad occhi chiusi, abbracciando la persona a voi più cara, mentre il doo wop onirico e dadaista di Il mondo come lo vorrei sembra il punto d’incontro tra Being for the benefit of Mr. Kite! e una tarantella di paese – ed è un bene anche questo, s’intenda.
Non che l’operazione riesca sempre: Sono umano è più concept che musica, mentre Questa non è una canzone si mantiene fedele al titolo e si disperde in 8 lunghissimi minuti. Qua e là invece, alcuni brani molto forti (Low cost) e altri più deboli (Rosso o nero), per un disco straniante che non poteva concludersi se non in maniera straniante, con l’adagio per piano e orchestra di Caro Luca, struggente e sentita.
Il fuoco in una stanza forse suona più come un album solista di Appino ma, anche se meno dirompente del predecessore, si rivela come un disco importante, per una band che ha capito come affrontare il passare del Tempo.