Giovanni Vicinanza, ovvero The Softone, torna in scena con un disco di origini e di personalità, di soffice romanticismo e di pensieri piccoli. Si intitola “Golden Youth”, un quarto disco pensato tra le trame di una Napoli vesuviana e terminato sotto il cielo americano di Milwaukee. E dentro c’è il mondo, il suo mondo e la sua nostalgia, dentro ci sono i pensieri e la vita a cui rendere conto. Dentro c’è una famiglia, una madre, una bambina, i suoi 40 anni… dentro “Golden Youth” c’è quel bellissimo folk degli anni zero che siede con composta maturità tra l’elettronica del nuovo pop e le dolcissime sfumature intime dell’antico ricamo artigiano, quello acustico. Torna The Softone. Torna la sua vita. Torna un modo romantico per trovare spunti buoni per guardarci dentro, magari a due passi dal tramonto.
America e poi Napoli. Non l’Italia, ma la Campania tutta. Terre di confini… quanto hanno contato per questo disco?
Il disco l’ho registrato per metà nel mio studio Lavalab alle falde del Vesuvio in una posizione incredibile: da un lato, allunghi il braccio e sembra di toccare il cratere del vulcano, dal lato opposto il mare e la costiera sorrentina. È un luogo tranquillo in cui c’è tanto silenzio e riesci ad essere ispirato, ascoltare la natura e concentrarti. Le registrazioni e il mixer l’ho terminato nell’americanissima Milwaukee, capitale del Wisconsin. Qui l’atmosfera è altrettanto romantica, a mio giudizio, ma le bassissime temperature che si raggiungono in inverno, rendono tutto terribilmente nostalgico. Il lago Michigan ghiacciato con i fari coperti di neve è davvero suggestivo!
Suoni però che io percepisco molto inglesi, non trovi?
Le canzoni hanno un suono inglese per alcune scelte sonore su alcuni brani come Alone and weird che ha un suono di basso tipicamente sassone un po’ alla Simon Gallup dei The Cure, altre invece hanno un andamento ritmico americano soprattutto per i brani che sono concepiti in 3/4 o 6/8, tipico del folk americano o canadese come Little Star, I wish, la title track.
Un nuovo disco che torna un poco alle origini, di quella morbidezza che avevi nel darci una tua visione di folk.
Come These days are blue, anche Golden Youth è un disco ispirato che è nato da un bisogno primordiale di dar voce alle mie emozioni attraverso l’espressione musicale. Un disco da vivere dall’inizio alla fine perché ha un percorso tutto suo da farti seguire durante l’ascolto: Addio gioventù e spensieratezza, spazio alla nostalgia. Però c’è sempre tanta speranza per quello che sarà.
Spesso nel disco ci sono sospensioni che vuoi dedicare all’evasione. È un disco di evasione questo?
Il disco testimonia un periodo della mia vita molto particolare. Nasce da emozioni private, a volte belle, come la nascita di una figlia, e a volte tristi, come la perdita di una madre. É qualcosa che ho fatto per me stesso, è stato un bisogno. Sicuramente le canzoni parlano di me e mi presentano abbastanza bene. Non sono una persona apertissima al mondo esterno, mi circondo sempre di poche persone che, in quel momento, condividono, comprendono il mio mondo interiore.
A quando un video ufficiale?
A breve ci sarà il videoclip della canzone “Surprising me” e a seguire quello di “Alone and weird”.