– di Giacomo Daneluzzo –
La proposta di questa settimana s’intitola self-portrayed stories (con la minuscola) ed è un EP di un quarto d’ora scarso, contenente due cover e tre inediti a firma The Jones Way, uscito lo scorso 26 marzo per Feather Studio Records. Dietro questo nome dal suono internazionale troviamo due artiste jazz, Annalisa Bruschini e Silvia Segatori, italiane residenti in Irlanda dal 2015; le due suonano insieme dal 2012 e, ora che le cifre che segnano l’anno si sono invertite, hanno deciso di esordire nel mondo della discografia (dopo aver pubblicato, negli ultimi anni, una serie di piacevoli cover fusion-jazz di canzoni di vari generi) con questo mini-EP, caratterizzato da un ottimo gusto e dalla capacità di trasmettere la sensazione che ogni dettaglio sonoro sia “al posto giusto”, in modo dolce, quasi cullante, il tutto unito a una notevole tecnica strumentale e vocale che, ormai, risulta un tratto distintivo, nell’attuale scena musicale nostrana.
Tra le cover troviamo “Isn’t She Lovely”, canzone senza tempo di Stevie Wonder, tratta da uno degli album – per chi scrive – più belli che siano mai stati pubblicati, Songs in the Key of Life (1976), e dedicata a sua figlia; l’altra cover è “Smile”, leggendario brano di Nat King Cole – originariamente composto come strumentale da Charlie Chaplin nel 1936, come colonna sonora del suo film Tempi moderni, a cui poi venne aggiunto il testo scritto da John Turner e Geoffrey Parsons quando uscì come singolo di Nat King Cole nel 1954. La scelta di questi due brani, interpretati in modo gradevole e rilassante, è indicativa della volontà di inserirsi nel solco di una tradizione importante e ampia, che spazia tra varie correnti, vari periodi che lo “spirito del jazz”, se così lo si può chiamare, ha attraversato nel tempo, scegliendo due autentici capolavori del genere.
Ma oltre a queste (riuscitissime) reinterpretazioni, la parte dell’EP relativa agli inediti è forse quella più interessante. L’opening “Apartment 2”, realizzata in collaborazione con il sassofonista jazz Matteo Marseglia, ci trasporta nel mondo di The Jones Way, un mondo senza tempo e senza spazio, cristallizzato nell’estetica di un jazz “universale”, in un passato ideale di locali jazz statunitensi in cui si suona e si ascolta musica dal vivo ogni sera – e oggi più che mai la nostalgia è tanta, a pensarci. L’inattualità di “Apartment 2”, che potrebbe essere definita il biglietto da visita di self-portrayed stories, e della relativa reprise, collocata alla fine dell’EP per chiudere il cerchio aperto dalla prima traccia, è ciò che la rende così immediata, affascinante e semplicemente bella, come il jazz dovrebbe essere. “Girotondo” è un quadretto musicale, in italiano, che ricollega le due artiste alla loro terra d’origine, ma che risulta un esperimento estremamente riuscito: suona come un classico della canzone d’autore italiana, più che come un brano contenuto in un EP uscito nel 2021; nella sua curata semplicità riesce a essere di alta qualità e a raccontare in modo estremamente efficace una sensazione, un dialogo, una situazione, diventando la voce di chi si sente in dovere di giustificare le proprie scelte di vita e i risultati che queste portano.
The Jones Way è un progetto che con self-portrayed stories si presenta molto bene, in un breve EP basato sulla chitarra e sulla voce – dopotutto si tratta di un duo – che attraverso un’essenzialità strumentale coglie alla perfezione il senso profondo di un jazz per certi versi “DIY”, ma con una grande attenzione ai dettagli, per portare a cinque tracce che, come suggerisce il titolo, rappresentano dei piccoli quadri, delle brevi “storie auto-ritratte” in musica, con le proprie parole e musiche e con quelle di altri, senza che nessuna nota sia fuori posto, nessun passaggio sia diverso da come dovrebbe essere per arrivare al suo obiettivo.