Un curioso mix di Afterhours e black metal. Questa la prima impressione generata (almeno in chi scrive) dal primo ascolto di “Tutti i colori del buio”, terzo disco della formazione sarda The Erotik Monkey.
Impressione in parte azzardata e in parte corretta. Le sonorità richiamano effettivamente il rock alternativo della band di Manuel Agnelli e anche il titolo riporta alla mente il loro lavoro più noto (Hai paura del buio?). Ma, per quanto “Tutti i colori del buio” sia permeato di tonalità cupe e riff gelidi, l’accostamento alla frangia più estrema dell’heavy metal nordico non è veritiero, visto che l’album rimane ancora alle sonorità dell’alternative rock in tutto e per tutto. Il titolo getta le coordinate di un sound oscuro ed intimo e nella stessa direzione va la concezione dell’artwork che contiene il disco: un’immagine astratta, quasi indecifrabile, ermetica come i testi delle canzoni che racchiude.
Il fil rouge sembra essere la religione, con la figura di Cristo che ricorre più volte: prima “muore crocifisso” (“Nel giorno delle mia morte pt. I”), poi è “vuoto dentro di te” (“Nel giorno delle mia morte pt. II”), poi è paradossalmente “senza croce” (“Non pensi”) e infine “illude” (“Absesto”). Ma il significato è sempre sfuggevole, racchiuso in una dimensione introspettiva quasi inaccessibile, e si ha l’impressione di “cercare un senso nel vuoto” (“Golden Gate bridge”), di scavare in fondo a delle ferite e delle cicatrice troppo personali per essere comprese o, peggio, condivise.
Tutto questo viene trasmesso attraverso un muro sonoro che rende il disco un vero e proprio monolite: i riff lamentosi di basso fanno eco alle grida di Andrea Cannucci e al suo screaming (in questo si, vicino al black metal puro come quello dei norvegesi MayheM); le parole possono essere solo sussurrate o gridate, non sono ammesse vie di mezzo. A riff pesanti e ossessivi si accompagnano momenti decisamente più morbidi, con la chitarra che dipinge arpeggi eteri e sognanti (“Non pensi”) o suoni sperimentali (“Voci”).
La prima parte del disco rimane quella con i momenti più ispirati, che hanno il loro vertice nella suite in tre parti “Nel giorno della mia morte”, ma nel complesso si tratta di un lavoro valido e solido, il tentativo di dare vita ad un ossimoro rivelando tutti i colori del buio.
Giulio Valli