– di Giacomo Daneluzzo
screenshot della redazione di ExitWell –
Sanremo 2022: oggi sappiamo che Mahmood e Blanco sono risultati vincitori, con la loro “Brividi”, ma vorrei tornare allo scorso dicembre, quando erano appena stati annunciati i nomi dei big in gara e trapelavano quelli degli esclusi: come riportato da All Music Italia, tra gli esclusi abbiamo la cantautrice Mara Sattei, che aveva presentato un brano con suo fratello, il rapper e produttore tha Supreme, classe 2001, proposto come direttore d’orchestra.
Certo, non fa mai piacere sapere che qualcun altro è stato preferito a te. Penso che sia una cosa normale, in questi casi, sentirsi amareggiati, forse anche insultati; succede. Ma la cosa non si è fermata qui, almeno, non per tha Supreme. Ma è il caso, prima di proseguire, di parlare un po’ di tha Supreme e della sua storia, una storia come non ce ne sono molte, ma abbastanza per capire la direzione in cui sta andando e azzardare qualche previsione.
tha Supreme nella vita reale è un ragazzo di nome Davide Mattei. Sui social preferisce la grafia “Thavide“. Ha compiuto ventun anni da poco più di un mese ed è un tipo abbastanza schivo. Non ci sono molte foto in cui si vede in volto e in generale è restio a mostrarsi in pubblico; anzi, possiamo dire che non si mostra in pubblico, proprio in assoluto. A quattordici anni inizia a pubblicare beat su YouTube, produce dei brani per Nomercy Blake e collabora con il collettivo Young Minds. A sedici anni arriva l’esordio ufficiale come beatmaker: produce “Gameboy Color” di Dani Faiv, seguito da “Perdonami” di Salmo e da “Chairaggione” di Nitro (feat. Salmo), riscuotendo successo in questa veste. Entra nel collettivo Machete.
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Nel 2017 pubblica “6itch”, il suo primo singolo solista, in cui rappa: è il primo di una lunga e fortunata serie di singoli, che porta il giovane artista alla pubblicazione di “23 6451” (il titolo non è altro che “le basi” scritto in leet, ossia sostituendo le lettere con numeri che potrebbero ricordarle, graficamente).
Seguono vari altri progetti: dalla partecipazione al “MACHETE MIXTAPE 4” alla release non ufficiale “40ena rmx EP”, uscito durante il primo lockdown, nel 2020, dalla presenza negli album di moltissimi rapper e cantautori italiani all’uscita del “BV3” di Slait, in cui figura come autore di punta.
Insomma, il nostro Thavide è stato presentato al pubblico come enfant prodige della trap e non solo, anzi, quasi come colui che avrebbe potuto superare la trap e portare qualcosa di nuovo, nel panorama italiano. E in parte possiamo dire che l’ha fatto: a sedici anni era già piuttosto famoso, a diciassette si poteva parlare di successo, a diciotto ormai era stato consacrato a “big” della musica italiana, con tutti i riflettori puntati su di sé, nonostante la scelta (intelligente per vari motivi) di non farsi vedere in pubblico. E ha tenuto fede alle aspettative: ha davvero dato qualcosa a una scena che stava iniziando a ristagnare. Non si può dire che sia stato l’unico, ma sicuramente è stato tra i principali fautori – uno dei più riconoscibili – di un’innovazione di qualche tipo, all’interno del panorama discografico nostrano, un’innovazione che ha sicuramente fatto bene.
Sono sicuro che per Thavide sia stata una bella sensazione, sentirsi piovere addosso tutto questo successo, nel giro di – davvero – pochissimo tempo. Qualcuno mi ha detto che quando si diventa famosi si smette di crescere; non so se sia vero, ma di sicuro la fama non è così rosea come può sembrare a tutti noi “non famosi” e abbiamo centinaia e centinaia di “prove” a sostegno di quest’idea: abbiamo addirittura creato la dicitura Club 27 per le decine di artisti letteralmente uccisi dalla fama e dallo stile di vita autodistruttivo promosso dal “troppo successo”. Poi sì, c’è dell’altro, ci sono gli incidenti, le sfighe. Gli omicidi, anche. Ma è ingenuo pensare che l’autodistruzione non sia nel DNA della fama, anzi, di una certa fama, quella che arriva quando sei un ragazzino e devi ancora capire chi sei, che cosa vuoi dalla tua vita, qual è la tua strada. Perché non è uguale per tutti, ma per la maggior parte dei ventenni (o anche venticinquenni) sono cose tutt’altro che chiare. Sono cose in fieri. Figuriamoci per un sedicenne, come tha Supreme quando ha iniziato a essere tha Supreme. E quando ti ci ritrovi, in questo successo, è come se tutto si cristallizzasse: non hai più bisogno di crescere, gli altri ti accetteranno sempre così come sei, non devi dimostrare niente a nessuno, nessuno ti costringe a mettere in discussione te stesso e il tuo approccio alla vita. Vai bene così, o almeno è ciò che percepisci. Ci vuole tanta forza di volontà per restare lucidi, da famosi; se sei così giovane riuscirci è praticamente impossibile e forse si può dire che sia già un buon risultato arrivare a trent’anni.
Ma torniamo a Sanremo 2022. tha Supreme è stato escluso dal Festival con sua sorella Mara Sattei. Okay, sì, frustrante; magari la prossima volta, eh, Davide? Ma il fatto è che, mentre lui veniva escluso, ha avuto accesso al prestigioso palco dell’Ariston niente meno che Blanco – per di più insieme a Mahmood, artista con cui tha Supreme ha condiviso una traccia nel suo disco d’esordio, “8rosk1”. Ma qual è il problema con Blanco? Secondo il modesto parere di chi scrive il problema è – probabilmente – principalmente anagrafico. Sì, perché thasup si è sentito scartato in favore di un altro presunto enfant prodige: era il suo ruolo e Blanco, che all’epoca aveva solo diciotto anni, gliel’ha portato via, gliel’ha soffiato. Ma quanto sarebbe stato bello vedere Mara Sattei e tha Supreme portare all’Ariston la loro “cosa”, le loro vibes, la loro novità? E invece niente.
Un ultimo elemento: è abbastanza innegabile, probabilmente, che il pop di Blanco sia assolutamente debitore della scena italiana a lui immediatamente precedente, che vede le intuizioni della produzione di tha Supreme tra gli elementi portanti. Forse se Thavide avesse giocato meglio le proprie carte ci sarebbe stato lui, a Sanremo, sarebbe ancora lui, la next big thing. Di nuovo. O anche se avesse avuto un paio di anni in meno: maledetto COVID! Giusto? Giusto.
Tutti questi sentimenti hanno portato il nostro a pubblicare delle storie di Instagram sul suo profilo ufficiale (che attualmente, mentre scrivo, non esiste più), proprio il giorno in cui sono stati annunciati i nomi dei big di Sanremo. Naturalmente abbiamo tenuto tutto.
Povero, povero Davide. Sono parole piene di rancore, quelle di tha Supreme. Parole che tradiscono la sua scarsa lucidità; davvero qualcuno potrebbe mai pensare che Blanco, appena uscito come partecipante a Sanremo, dicesse qualcosa come: «Vorrei ringraziare tha Supreme, è sempre stato di grande ispirazione per me e penso che se non fosse per lui ora non sarei dove sono». OVVIAMENTE no, sarebbe surreale e grottesco. Ma sic est vita: non siamo tutti uguali e forse a Thavide sembrava una prospettiva realistica – o più probabilmente no, ma si è sentito sopraffatto dalle emozioni e, proprio come un adolescente, non è riuscito a farvi fronte. Ma perché?
Da una parte abbiamo la retorica hip hop intorno al successo, che lo vede come la massima aspirazione della vita e tale per cui, se lo ottieni, puoi permetterti di guardare gli altri dall’alto in basso, di “riprenderti ciò che è tuo”; dall’altra abbiamo una visione delle cose, della vita, del mondo tipica di oggi, uno sguardo cinico e materialista che influenza il nostro modo di percepire tutto, in primis i rapporti umani. tha Supreme rappresenta molto bene il modo di porsi di una generazione in difficoltà, che ha moltissima paura: paura del confronto, paura di non essere abbastanza, paura di non farcela – come se “farcela” volesse davvero dire qualcosa di specifico. È la generazione dell’ansia, parola che torna sempre più spesso nei testi delle canzoni. E, in questi casi, è facile “reagire male”, soprattutto quando si ha a che fare con dei social che, almeno per certi aspetti, sostituiscono le interazioni della vita reale, e danno ai rapporti umani delle regole nuove.
È qui che, tra un sarcasmo abbastanza infantile e la descrizione di scenari assolutamente improbabili, tha Supreme smentisce anche l’ipotesi che qualcuno aveva fatto, cioè che le sue sparate a zero su Blanco non fossero altro che un modo per raccogliere hype in vista di una prossima collaborazione. Niente di tutto ciò ha sortito alcun effetto su Blanco, sulla sua carriera, sui suoi social. Niente di niente.
Questo non è un dissing normale, un dissing “vecchio stile”, “old school”. È un dissing unilaterale, oltre che un dissing virtuale, ma avvenuto interamente sui social di tha Supreme – gli stessi social che, al momento, non esistono neanche più, e non ci è dato sapere se le cose siano collegate o meno.
Poi niente, silenzio. Blanco nel frattempo ha vinto Sanremo, è diventato un artista super ascoltato, il tour sta andando molto bene (se si escludono tentativi di stage diving finiti male). E tha Supreme? tha Supreme ha continuato, giustamente, a lavorare ai propri progetti, e non nascondo che più o meno tutti abbiamo sperato che quest’ossessione per Blanco gli fosse passata, viste le uscite ridicole a cui l’aveva portato. Ma purtroppo le nostre speranze erano mal riposte: la sera del 19 aprile sul suo profilo Instagram – ripeto, ora inesistente – è comparsa una lunga, lunghissima storia, testo su sfondo nero, in cui si sfogava e infine annunciava i suoi nuovi progetti. Troppo lunga, davvero, soprattutto rispetto a ciò che conteneva.
Che dire? Si tratta di un racconto che non fa altro che amplificare la succitata retorica dell’enfant prodige di cui già abbiamo parlato: a due anni il piccolo Tha suona le pentole a casa della nonna (ehm… okay), a tre gli viene regalata una batteria finta, a sei anni guarda August Rush (film del 1995 che parla, neanche a dirlo, di un enfant prodige che suona la chitarra), grazie a cui s’innamora della chitarra. Continua con i racconti di una vita interamente dedicata alla musica e all’espressione, fin dai sette anni. Insomma, insiste continuamente sull’età, ne è ossessionato: a quindici anni suona prima di Sfera Ebbasta, a sedici produce la Machete, a diciotto pubblica l’album… Ma come dargli torto? D’altra parte è da quando ha sedici anni che tutto il mondo continua a ripetergli quanto sia incredibile quello che fa, soprattutto alla luce della sua età! Non c’è da stupirsi che qualcosa scatti, nella testa di un adolescente.
Un adolescente che, però, è rimasto in questo senso in un’età compresa tra i sedici e i diciotto anni, non è mai cresciuto (complici, forse, anche gli anni di pandemia), e si comporta come un adolescente anche adesso, che di anni ne ha ventuno – mentre la sua “nemesi” Blanco ne ha appena compiuti diciannove e ci metterei la mano sul fuoco: tra qualche anno anche lui starà subendo le conseguenze di ciò che sta vivendo adesso, magari in altri modi, ma non credo proprio che tutto continuerà a essere entusiasmante e luccicante com’è ora.
Non sappiamo perché, ma attualmente tha Supreme non è su nessun social. Nel caso fosse una scelta ponderata penso che sarebbe la scelta giusta per sé e per la propria salute.
La generazione di tha Supreme è la generazione di chi scrive. È una generazione angosciata, una generazione traumatizzata, che si sentiva addosso un’ansia di fare, di non essere in tempo, di doversi preoccupare per un futuro inquietante, fin da molto prima che il COVID-19 entrasse nella nostra quotidianità, fin dall’infanzia. Siamo stati cresciuti in questo modo, pieni di fantasmi, e non possiamo dare la colpa a tha Supreme per il fatto che si stia comportando un po’ da idiota. Non solo, almeno; noi “post Duemila” dobbiamo uscire dall’ottica secondo cui chi fa prima fa meglio, secondo cui bisogna essere il più possibile produttivi, sbrigarsi, vincere sugli altri: dobbiamo farlo perché non è una gara e perché l’equilibrio psicologico di ognuno di noi è messo a dura prova.
Parallelamente la discografia dovrebbe smetterla di creare nuove rockstar giovanissime, ardenti di vita e pronte, nella migliore delle ipotesi, a dissociarsi dalla realtà e a restare cristallizzati in un’adolescenza eterna, nella peggiore a spegnersi prima del dovuto, perché consumate da una vita che sarebbe deleteria per chiunque, che non farebbe bene a nessuno; tantomeno a dei ragazzini delle superiori.
Possiamo definirlo un po’ profetico questo articolo alla luce di cosa è successo a Sanremo?
no, ha ragione thasup..blanco copia lo stile di thavide..blanco non ha nemmeno la metà del successo di thasup.
secondo me ha fatto bene thasup.
Thasupreme è un grande cantante punto e basta(blanco è infame)