– di Giuditta Granatelli –
Alberto Cotta Ramusino, in arte Tananai, nasce a Cologno Monzese nel 1995. Inizia come produttore, pubblicando l’album di musica elettronica “To Discover and Forget”. Si appassiona poi al cantautorato e a partire dal 2019 entra a far parte dello scenario indie/rap milanese con una serie di singoli: “Ichnusa”, “Volersi Male”, “Bear Grylls” e “Calcutta”, a cui seguono nel 2020 “Giugno” (dal primo EP “Piccoli Boati”) e nel 2021 “BABY GODDAMN”, “Maleducazione” ed “Esagerata”. Infine, ha partecipato all’album “Disumano” di Fedez, come ospite nel brano “Le madri degli altri”. Gli ho fatto qualche domanda per approfondire le sue ultime uscite e il suo percorso artistico, poco prima che guadagnesse il secondo posto nella finale di Sanremo Giovani 2021, che gli consentirà di partecipare al prestigioso Festival col brano attualmente inedito “Sesso occasionale”.
Ci parli del processo creativo che ha portato alla realizzazione di “Esagerata”?
Il processo creativo è stato molto semplice. Ho iniziato parlando con Davide (d.whale) e Paolo Antonacci delle nostre relazioni più turbolente e da queste discussioni sono nati il concept del brano e la sua produzione. Nel complesso è stato un processo naturale, molto fluido e lineare.
“Maleducazione” sembra quasi essere l’opposto di “BABY GODDAMN”. Perché due singoli così diversi e uno dopo l’altro?
In realtà, se penso al flusso creativo che le ha generate, per me sono molto simili, entrambi i pezzi mostrano qualcosa di me. “BABY GODDAMN” l’ho scritta nel periodo più intenso della pandemia ed è come se urlasse la mia voglia di tornare a fare festa, mentre “Maleducazione” esprime la voglia di poter dire la propria alla gente, in modo diretto, senza giri di parole. Io spesso ho questo atteggiamento franco, esplicito che molte volte non viene compreso, anche giustamente. Insomma se non posso dire quello che voglio nella vita di tutti i giorni, almeno lo faccio attraverso la musica.
Nel videoclip di “BABY GODDAMN” indossi una serie di maschere da animale. C’è una qualche simbologia collegata?
C’è sicuramente una simbologia che è quella dei protagonisti delle fiabe, da Pinocchio ai tre porcellini, dal brutto anatroccolo a Cappuccetto Rosso. Abbiamo cercato di immaginarci come sarebbero stati se fossero cresciuti con noi nella nostra società, in senso per lo più negativo.
Risalta il tuo stile a livello di vestiario. Quanto intervieni su questo aspetto e su altri più visivi, come le ambientazioni dei video?
La cosa bella del mio team è che c’è un ascolto reciproco continuo e questa non è una cosa scontata. Intervengo in maniera significativa e importante in alcuni casi, meno in altri, perché mi fido comunque molto delle persone con cui lavoro e collaboro. Per quanto riguarda la scelta delle ambientazioni e dei vestiti sì, sono assolutamente presente, voglio essere a mio agio e penso che sia fondamentale circondarsi di persone che sappiano farti sentire così. È il caso del mio team attuale, di cui sono molto contento.
Da dov’è nata la collaborazione con Fedez per “Le madri degli altri”?
È nata in maniera molto spontanea e semplice: Fedez ha pensato che fossi la persona giusta per un intervento su questa canzone. Io sono stato super contento di poter dare il mio contributo, il pezzo mi piace tanto e stimo molto Federico come artista.
Leggo nel tuo comunicato stampa che avevi iniziato con la musica elettronica. Come e quanto sei cambiato musicalmente, e perché?
Non sono cambiato, piuttosto penso di essermi evoluto. In questo preciso momento della mia carriera come Tananai penso di aver fatto pace con il produttore che è in me, Not For Us, e di star riuscendo a coniugare questi due mondi che mi appartengono. Non c’è un vero e proprio motivo per cui c’è stato questo switch dalla musica elettronica ad altri generi, è stato dettato più che altro dalla voglia di non stare fermo, di non adagiarmi sugli allori ma di cercare di spingermi sempre oltre.
Come ha influito vivere a Milano sulla tua produzione musicale, a livello di ispirazione e opportunità?
Milano sicuramente la vivo e la sento a trecentosessanta gradi. Non credo mi abbia influenzato molto dal punto di vista musicale, fin da quando esiste lo streaming a me ha sempre ispirato musicalmente quello che ascoltavo e scoprivo lì, più che altro. Dal punto di vista umano, invece, penso che questa città mi abbia reso una persona migliore, perché personalmente e professionalmente mi ha permesso di conoscere molte più persone rispetto a quanto avrei potuto fare magari in un contesto più piccolo. Milano è un bellissimo melting pot di culture e di persone stravaganti, uniche. Più persone incontri più hai stimoli e per questo sono grato e contentissimo di vivere qui.