– di Michela Moramarco –
Still Charles è il nome d’arte dell’anconetano classe 2000 Carlo Aprea, che ha da poco pubblicato il suo primo EP dal titolo “Navigare”. Tra metafore e riflessioni a suon di indie rock, questo disco ha attirato la nostra attenzione e abbiamo scambiato qualche battuta con l’artista per saperne di più.
“Navigare” è il titolo del tuo EP, titolo che fa pensare al mare ma anche al web. Qual è il significato di questo titolo?
Direi che il collegamento primario del titolo è con il mare, con la navigazione legata al viaggio. È un po’ il mio modo di intendere la vita, una sorta di metafora anche della ricerca del porto sicuro. Inoltre, il mare è un’immagine ricorrente anche nei miei singoli precedenti. Provenendo da una città di mare, credo che sia un elemento fondamentale della mia vita.
La musica è il tuo porto sicuro?
Sì, senza dubbio. Con la musica riesco a far emergere parti di me in maniera più naturale.
È stato difficile trovare il compromesso creativo tra malinconia e ironia nella scrittura dei tuoi brani?
È andato tutto in maniera piuttosto naturale. Nella vita ho sempre un velo di malinconia ma cerco di combatterla con consapevolezza e anche ironia. Ho messo tutto ciò nei miei brani.
Stai affrontando anche degli eventi e quindi la sfida del live, qual è l’aspetto più gradevole e quello più difficile dell’esibirsi davanti a un pubblico che sta iniziando a conoscerti?
Credo che siano più gli aspetti positivi che quelli meno buoni. Vedere i risultati della propria musica suonando live dopo essere stati chiusi in studio è divertente. È una sorta di controprova del fatto che la gente possa o no apprezzare la tua musica. È bello vedere quando il pubblico canta con te. Quando scrivo le canzoni penso anche a come saranno live, parte fondamentale. Aspetti negativi dello stare sul palco in sé, non me ne vengono in mente. Il punto è che in Italia di questi tempi non è semplice crearsi uno spazio, forse un aspetto negativo di riflesso può essere questo. Ma il live in sé come va, va: l’importante è cercare di dare il massimo e divertirsi.
Che ne pensi dell’immaginario diffuso fra i giovani artisti emergenti per cui basta una hit per avere successo?
Molto spesso tramite le case discografiche si tende a puntare sempre e solo alla hit, o anche al successo da talent show; cose che portano a bruciare le tappe. È ovvio che se si scrive una canzone si vuole che venga ascoltata il più possibile e personalmente nei miei brani cerco sempre di dare qualche elemento che rimanga in mente anche dopo l’ascolto. Ma cerco di rendere il tutto per niente forzato. Parlando in generale credo nel valore dei percorsi costruiti nel tempo, con piccoli passi: si tratta della strada più impegnativa probabilmente ma anche di quella che potrebbe dare più risultati, come può essere un pubblico che si affeziona gradualmente per rimanere. Sono felice del mio percorso. Sono stato fortunato in alcuni frangenti.
Quali sono i cantautori italiani contemporanei che ti hanno maggiormente influenzato?
Da ragazzino ascoltavo molto il rap, quindi direi Fabri Fibra è uno su tutti, forse banalmente, che mi ha influenzato dal punto di vista testuale. Musicalmente, direi che ho sempre ascoltato Vasco Rossi ma l’ho anche ammirato per essere rimasto sempre autentico nel suo personaggio.
Cosa ti auguri per il tuo futuro?
Mi auguro di vivere di musica e di continuare questo mio piccolo grande viaggio, arrivando a tanta gente.