– di Giuseppe L’Erario –
Chi ricorda con piacere i Museo Rosenbach, stimata band progressive italiana attiva a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, non può far altro che intraprendere il nuovo viaggio sonoro di Stefano Lupo Galifi. Voce e leader dello storico gruppo ligure, ci regala il suo primo album da solista, “Dei Ricordi, Un Museo”, un omaggio alla storica band di Bordighera a distanza di cinquant’anni dalla sua formazione.
Gli amanti del genere rock progressivo, in particolare di quello italiano, difficilmente escludono dalle loro raccolte di vinili “Zarathustra”, l’album più celebre del Museo Rosenbach, un disco di ispirazione nietzschiana, annoverato per l’uso di uno spiccato stile sinfonico; senza dubbio un capolavoro che si è guadagnato il ruolo di pietra miliare del genere.
La rievocazione del sound della band di Galifi presente in “Dei Ricordi, Un Museo” è naturalmente vicina alla celebre opera pubblicata nel 1973, ed è una splendida sorpresa per chi, appunto, vuole vivere il “ricordo” profondo di quegli anni e di quelle sonorità, ma con un tocco di modernità.
Significativo è l’apporto delle tastiere di Luca Scherani e del basso di Gabriele Guidi Colombi, entrambi validissimi membri della nuova scena progressive italiana, militanti nella band La Coscienza di Zeno. Nata nel 2007, nel corso della sua carriera la band ha diviso il palco con gruppi storici del genere come Biglietto per l’inferno, The Trip, Delirium, Claudio Simonetti dei Goblin, La Locanda delle Fate, Maxophone, Garybaldi, eccetera.
Per quanto riguarda la struttura narrativa del disco, va rivolta particolare attenzione alle tracce “Cuore (Dei Ricordi, Un Museo – Parte 1)”, “Dei Ricordi, Un Museo – Parte 2” e infine “L’amante (Dei ricordi, Un Museo – Parte 3)”, i quali ricalcano in maniera piuttosto cristallina lo stile compositivo tipico del rock progressivo.
I tre brani fanno da fulcro tematico: il primo e il secondo sono ricchi di elementi ritmico-melodici ben definiti che arricchiscono l’arrangiamento già articolato; l’ultimo brano, invece, è costruito su una base di pianoforte che ha il compito di narrare l’introspezione ed evidenziare l’unicità del testo.
Tale schema triadico rappresenta l’emblema del rock prog-sinfonico, ed esalta il racconto di uno dei rappresentanti più celebri del panorama musicale italiano.
Il primo disco da solista di Stefano Lupo Galifi è senza dubbio una bella sorpresa che arricchisce la collezione degli amanti di questo genere intramontabile.
Veramente il loro unico album “Zarathustra” è del 1973…. Quindi prima metà dei ’70