In questa rubrica sezioniamo il testo di una canzone e proviamo a capirne il mondo che c’è dietro, grazie al lavoro di Morgan Colaianni, cantautore e psicologo.
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Stachanov, l’operaio russo, minatore che aveva inventato un nuovo modo innovativo di tirare su il carbone dalle miniere. Per la sua invenzione fu nominato operaio dell’anno. Riuscì a fare carriera uscendo dalla miniera fino ad andare ai vertici della politica della Russia comunista.
Stachanov è entrato nel nostro linguaggio comune. Lo stacanovista è il lavoratore che non si stanca mai di lavorare, quello che perde di vista il fatto che il lavoro è uno strumento di libertà, un mezzo per l’indipendenza e la costruzione di una vita che assomiglia al proprio desiderio.
Galoni in questa canzone, come in molte delle sue canzoni, ci mette in guardia dal diventare Stachanov del mondo moderno, ovvero esseri umani che perdono di vista che i nuovi strumenti sono un mezzo per acquisire maggiori gradi di libertà. Il rischio invece è quello di essere ingabbiati dalla modernità che dovrebbe renderci più liberi.
Non ammazza la fatica il riposo della sera
Stachanov che grida e chiede aiuto
intrappolato nella miniera
Sembra che ci sentiamo sempre più stanchi, di una fatica che non viene risolta dal riposo, una fatica che non riguarda il nostro corpo, perché lo strumento-lavoro che imprigionava Stakanov si è trasformato oggi nell’infinità di possibilità che la modernità ci offre, infinito davanti al quale ci sentiamo ogni tanto persi, con l’universo racchiuso nello smartphone che teniamo in mano e che porta più in là l’ora in cui riusciamo ad addormentarci (vedi: illuminazione degli schermi e sonno).
Ora è il tuo corpo che ti tassa
Quanti Kilowatt di luce consuma la tua testa
quanto ti costa l’acqua al metro cubo di tristezza
Sembra che la prospettiva della stanchezza con la rivoluzione postindustriale si sia ribaltata: non è più il corpo che si stanca con il lavoro, ma la nostra mente che consuma Kilowatt di luce, e si accosta sempre di più ad una tristezza più o meno consapevole, che si esprime con i nuovi disturbi della mente dilaganti tra ragazze e ragazzi che vivono il millennio corrente (Vedi: attacchi di panico).
E allora che si fa? Galoni ci suggerisce qualcosa. Ci avverte che Stachanov, il lavoratore che si è emancipato dalla miniera, urlava nella profondità della terra prima della sua invenzione.
Aveva raggiunto la sua crisi, il suo sentirsi in trappola, e dalle crisi può attivarsi una trasformazione, si può utilizzare la creatività, la ricerca affannata di un’idea che può trasformare la propria vita.
Di crisi ne abbiamo senz’altro, ma bisogna trovare la forza giusta per affrontarle. Non è nella cura che seda l’ansia, magari con una pillola, la forza che ci può aiutare, ma in una forza differente.
E gli uomini che tutto sommato partono (compreso me) con un grande vantaggio rispetto alle donne, nel lavoro ad esempio (vedi: genere gap), si possono rendere conto che la forza incredibile, quella che può cambiare le cose, le donne tentano di usarla già da un pezzo.
Una forza che è incredibile perché è una forza consapevole della propria fragilità, del proprio polline.
Sei di una forza incredibile
ti fermerà soltanto il polline
È una forza che riesce ad andare in crisi, perché come dicevo sopra è dalla crisi che è possibile attivare una trasformazione.
Dal corto circuito proviene un ribaltarsi delle prospettive, e diventa possibile uscire dalla miniera come ha fatto Stachanov.
Magari riuscendo a trovare il proprio “Sabot” (alla lettera zoccolo, sandalo) come fecero gli operai francesi della scorsa rivoluzione industriale che soppiantati dalle macchine le sabotavano, lanciando “Le sabot”, negli ingranaggi per provocare i guasti.
Le crisi, infine, si superano in due modi: sostituendo l’ingranaggio danneggiato e continuando diritti, oppure ribaltando le prospettive.
Galoni ci da una mano a fare proprio quest’ultima cosa.