Disco di convergenze, disco di resa per i conti sociali di perbenisti delle pubbliche piazze laccate dei cinguettii comodi alle morali comuni. È dire che questo lavoro di certo non si gioca la carte dell’inno partigiano o della voce di popolo urlata contro tutto e tutti. Anzi: “Mostralgia” è un lavoro di liriche finemente cucite da mano artigiana e da parole scelte con cura, anche se poco funzionali alla massa… visto che se alla massa chiediamo attenzione rischiamo di perderla per strada.
Un esordio interessante, classicamente rock, di quel rock duro e verace che ci mette poco ad incontrare i gusti anche dei feticisti del crossover americano. Parliamo del duo dei Soundelirio usciti lo scorso 26 novembre con “Mostralgia”, disco dedicato al mostrum, che dal latino significa prodigio, fatto o fenomeno portentoso, eccezionale, in senso sia positivo sia negativo. Dunque è presto detto: Francesco Quinto e Alessandro Tacchini ricoprono di un rock “volgare” (inteso come del popolo, dalle aggressive strutture pop che piacciono soprattutto nella scelta melodica – e qui vince il singolo “Nato nella V stagione”) testi e liriche pescate dalle ispirazioni forse lasciate al caso e ricche dunque di quella preziosa ricchezza che solo l’istinto e la sua libertà sanno dare. Dunque parliamo di una sezione di drumming assolutamente possente che si incolla alla parete di un suono elettrico di chitarra (intriganti e classiche negli arrangiamenti e nelle ritmiche) che non lascia scampo: un rock che probabilmente mescola le radici punk a quelle dell’alternative, un rock che in fondo in fondo, dai Negrita ai Dream Theather, pesca ovunque possibile per le soluzioni di questi brani inediti… materiale che qui si accompagna alla scomodità lirica della lingua italiana. Scomodità che ovviamente paga pegno nell’attenzione e nella digeribilità ma che in fin dei conta porta con se, ovviamente, un messaggio importante da sottolineare mille volte e che probabilmente l’ultima traccia “Ode all’anomalia” sbandiera e celebra in pompa magna.
“Mostralgia” è un disco contro la discriminazione in ogni senso, contro la diversità come concetto di critica e di emarginazione. Storie di vita quotidiana, storie edulcorate da un senso comune… storie che in qualche modo fanno parte di ognuno di noi. Ottima produzione che ci arriva dal bellissimo studio Baia dei Porci di Nereto, in Abruzzo, caldo, rassicurante, sicuro e soprattutto privo di smagliature. Ottime le scelte dei riverberi, coerente il mix che regge anche dentro le dinamiche più ostinate. E in ultimo, inevitabilmente da questo suono mi attendevo di sentirci quelle sfumature medievali: e non tardano ad arrivare, anche se rare, anche se timide, anche se quasi invisibili ma le sento, soprattutto nelle parti corali e negli incisi sostenuti.