Si intitola “Ceppeccàt” il nuovissimo disco della Sossio Banda capitanata da Francesco Sossio Sacchetti. E non è tradizione spietata e conservatrice, non ci sono elementi deputati ad inchiodarci stabilmente dentro i costretti dettami antichi di generazione. Certo non c’è l’elettronica del nuovo futuro e altro tipo di trasgressione stilistica ma è la contaminazione la prima grande deriva che impreziosisce un ascolto che dedica le sue 7 tracce inedite ai vizi capitali. Un modo letteralmente alto per raccontare l’uomo nei suoi peccati, nei pregi e nei suoi difetti, quest’ultimi in particolare. Di sicuro l’accento viene dalla sezione dei fiati, corposa e protagonista… caratteristica della Puglia in generale ma della Sossio Banda nello specifico mi piacerebbe dire. E se un brano dedicato alla “Gola” mi affascina nel suo saper mescolare un tanghero ad un colore brasiliano nei ritmi tribali, con un imprevedibile marranzano siciliano sull’inciso che paradossalmente – complice anche la melodia cantata – sembra tramutarsi in un dramma rionale napoletano, allora ha ragione di esistere anche un brano dedicato alla “Lussuria” che invece mi trasporta dentro l’incanto favolistico delle grandi storie notturne dal sapore medioevale, di castelli e principesse, dove la delicatezza della voce di Loredana Savino, qui più di altrove, restituisce pace e spiritualità. Ci sarebbe davvero moltissimo da dire su un disco così ampio di scenari e di geografie coinvolte, dall’Italia delle tradizioni bandistiche pugliesi ai Balcani con le loro preghiere… e in mezzo c’è una storia di grande cultura e varianza musicale davvero affascinante. Un disco prezioso… un disco di musica…
Un nuovo disco per suggellare dieci anni di grande carriera. Che vita è stata fino ad ora?
Un percorso bellissimo fatto di tantissimi concerti, riconoscimenti viaggi e incontri; una storia intensa, ricca di colpi di scena belli e brutti, ma pur sempre utili alla crescita del progetto Sossio Banda.
Immagino che la formazione ma anche il suono abbia avuto correzioni di rotta e assestamenti.
Oggi che suono avete e che contaminazione celebrate?
Nel corso di questi dieci anni tante cose sono cambiate, ma sono rimaste sicuramente invariate entusiasmo, tanta voglia di fare musica e affiatamento tra i vari componenti.
Questo è fondamentale, ci diverte e ci coinvolge moltissimo ed è il motore del nostro lavoro e della nostra missione.
Negli anni sono cambiati alcuni musicisti e con loro inevitabilmente il sound del gruppo perché la Banda vive dell’anima dei musicisti che la compongono; chiunque abbia fatto parte di questo organico ha lasciato un marchio, una firma indelebile nella sua storia e nel suo sound.
In questo ultimo lavoro, per la prima volta abbiamo scritto anche in Italiano cominciando a sperimentare l’utilizzo della nostra lingua nazionale su tempi dispari appartenenti per lo più alla tradizione balcanica, o su “ritmi tradizionali”; l’abbiamo mischiata e “sporcata” con il dialetto ed è venuta fuori una meravigliosa danza di lingue, sonorità e ritmi, che punta a sdoganare l’idea errata che il vernacolo sia necessariamente relegato alla musica popolare e l’italiano alla musica pop.
Ci siamo divertiti tantissimo, esperimento riuscitissimo a nostro avviso.
La musica non può essere ingabbiata e categorizzata e la sua forza e la sua immensità sta proprio nel non avere confini e barriere di alcun tipo.
Il nostro è un sound meticcio, ricco di influenze perché diverse e molteplici sono le esperienze musicali, le estrazioni e i percorsi di vita dei musicisti che compongono la Banda.
Chiudo con quella che può sembrare una banalità ma che è anche una grandissima verità: la diversità è davvero ricchezza.
Dalla Puglia? Qual è la terra verso cui vi state spingendo maggiormente?
Da sempre abbiamo puntato il naso verso il Mediterraneo: Balcani, nord Africa, Oriente, ma anche Spagna e Grecia perché queste sono le culture e le tradizioni che sentiamo più vicine, sia da un punto di vista musicale (sonorità e strumenti) che linguistico; il nostro dialetto ha tantissime influenze provenienti da quelle aree, e questo lo abbiamo riscontrato e sperimentato allorquando ci è capitato di suonare con Band e musicisti provenienti da quelle zone.
E con le nuove tecnologie? Anche queste sono contaminazioni… oggi più popolari che mai…
L’uso dell’elettronica può essere una scelta stilistica o un’esigenza; noi non la condanniamo, anzi, non è escluso che in futuro potremmo avvalercene, ma per il momento non ci entusiasma molto, perché ricerchiamo e troviamo ancora nei nostri stessi strumenti, effetti, sonorità e colori che soddisfano a pieno le nostre necessità.
Basti pensare ai tamburi a cornice, alla voce e all’anima della chitarra, della fisarmonica, del contrabbasso, dei fiati, all’infinità di colori e suoni che abbiamo a disposizione: è un mondo affascinante ancora tutto da scoprire e godere, però mai dire mai.
Ho trovato questo disco molto rionale, come mi piace leggere spesso di voi e di questo genere di musica… parte dalla vita quotidiana, spesso dalla provincia, dalle periferie o sbaglio? Secondo voi perché?
Perché noi cerchiamo sempre di veicolare dei messaggi nella nostra musica, partendo proprio da quello che viviamo quotidianamente che altro non è che un microcosmo nel macrocosmo.
Faccio un esempio concreto: denunciare attraverso un brano, l’inquinamento della Murgia, il territorio in cui viviamo, vuol dire denunciare un determinato tipo di comportamento diffuso a livello planetario.
Con i peccati poi, sono saltati tutti i confini “familiari” perché la nostra “Ammìdie” (l’invidia), tocca purtroppo l’animo di tutti gli abitanti della Terra; il nostro “Timbe” (tempo), il brano dell’Accidia, passa per tutti, nessuno escluso e così per tutti gli altri vizi.
E chiudiamo: bellissima questa copertina. La paura? I cattivi presagi? Cosa rappresenta?
La copertina è dell’artista gravinese Davide Mangione e rappresenta l’uomo e i suoi sette peccati che come un’ombra lo seguono e perseguitano dappertutto fino all’ultimo istante della sua vita, fin quando quest’ombra non potrà più manifestarsi e giacerà per sempre con lui.