Di Sofar Sound abbiamo già parlato tempo fa, un movimento nato a Londra nel 2009 per offrire una nuova dimensione di live, un modo diverso di vivere l’esperienza musicale spostando lo show negli appartamenti privati.
In Italia Sofar Sound esordisce a Milano nel 2013 grazie a Splitgigs, in collaborazione con Astarte Agency, e in poco tempo tocca Palermo, Bergamo, Verona, Trieste, Firenze e, ora, finalmente, anche Roma.
Abbiamo fatto una chiacchierata con chi ha permesso a questa iniziativa di approdare nella capitale, e non poteva che essere lui, Giulio Falla.
Giulio, in venti parole (guarda che le conto), come funziona Sofar?
Concerti segreti, incredibili, in location segrete, stupende, i quali – se avrete la sfortuna di mancare – potrete gustarvi in video. Fine.
Un circuito che tocca più di duecento città nel mondo e che è basato sul secret show. Come si porta in una città dispersiva e poco attenta come Roma una situazione del genere?
In realtà, ti dirò, è stata Roma stessa a desiderare i secret show – o gli house concert in generale: nel giro degli ultimi sei mesi sono fioccati “concerti a casa” ovunque, dalle periferie al centro storico, dalle ville agli appartamenti, ai loft, fino ai balconi.
Avverto, nelle persone che partecipano – e in generale nell’utente medio di concerti a Roma -, una voglia di tornare al “nocciolo della questione”, alla base della musica live – che, realisticamente, dopo cinque anni di discreta “fuffa indie”, è ragionevole. A questo aggiungiamo anche che il numero dei locali che fanno musica è inversamente proporzionale alla qualità media dei suddetti in quanto acustica, professionalità, proposta artistica e accoglienza.
In breve: il non riuscire a vedersi un buon concerto in modo decente ha portato moltissimi a tentare la strada del “fai-da-te”. Un bricolage musicale che si chiama house concert.
Sofar Sounds, storicamente, parte esattamente da questo desiderio e, proprio per questo – e per la forza mondiale del brand -, sono fermamente convinto che interpreterà un ruolo importantissimo in questa fase cruciale che la nostra città sta vivendo.
Il secret show rovescia la prerogativa fondamentale dell’evento, non andiamo ad un concerto per il nome in cartellone, andiamo per la situazione, per l’atmosfera, è proprio non sapere chi suonerà ad affascinare.
Esattamente, è questo che rende il tutto così magico. Sofar Sounds è una garanzia di qualità in tutto il mondo, di show incredibili, intensi, imperdibili, decisamente unici – e noi del team di Roma ci teniamo a mantenere alto lo standard! Rieduca – o educa – il fruitore medio all’ascolto dell’artista e della musica in sé. Capovolge quello che è stato un trend – perlomeno – quinquennale qui nella Capitale, dove si andava al “concerto del nome” e non al “concerto e basta”. È pur vero che non è stata solo una questione di moda: ad affossare Roma in questo trend negativo ci sono stati i medio-piccoli locali, incapaci di proporre cartelloni decenti o perlomeno coerenti per anni, e le band, che continuano a esigere cachet fantascientifici e facilitazioni quando non riescono a intrattenere neanche un pesce rosso.
La grande mission di Sofar Sounds – e di tutti i nostri amici che organizzano house concert,- è di risanare, lentamente, il sistema. Si educa l’utente ad ascoltare musica nuda, cruda, all’essenza, portando sul piedistallo la qualità e mai la quantità – d’altronde, con trenta partecipanti, un house concert il più delle volte è sold out! -; conseguentemente si punzecchiano le band, chiedendo sempre di più dal loro show, senza l’aiuto di palchi, luci, etc.; in ultimo, magari, si da una piccola lezione ai locali su come è possibile, senza fare i salti mortali, realizzare cartelloni coerenti e di qualità, e di quanto questo tipo di scelte premino sempre.
Come ha reagito il pubblico al meccanismo del secret show?
Per quanto ci riguarda bene: a una settimana dal primo show del 2016 avevamo doppiato il sold out con centosettanta richieste di partecipazione!
Per quanto riguarda il movimento in generale, partecipando e osservando da fuori, direi più che bene. Come dicevo: c’è voglia e desiderio di ascoltare musica in un modo nuovo, unico, spoglio da tutti i fronzoli cui negli ultimi anni siamo stati abituati. E, obiettivamente, c’è anche voglia di “qualcosa di diverso”, che a Roma manca da un bel po’ – l’ultima novità sono stati gli speak easy, ormai entrati nell’abitudine di molti.
Parliamo un po’ di Roma e dei musicisti romani, ambiente che tu conosci bene perché lo vivi “sul campo”. Ma non ti chiedo del presente, ti chiedo di farmi delle previsioni sul prossimo futuro. Cosa dobbiamo aspettarci?
Credo si tornerà, finalmente, ai live fatti bene. I tempi non sono ancora maturi, ma credo si ritornerà alle belle voci, ai bravi strumentisti, ai concerti energici, divertenti, coinvolgenti, che ci lasceranno effettivamente qualcosa una volta usciti dalla sala – e non il semplice ritornello idiota che rimbalza in testa su un tappeto di synth e superflui riff suonati male.
Non sto anelando agli inutili concerti di tecnici, ai perfetti musicisti sul palco, in sale dove, in silenzio, si ascolta – tantomeno ai Dream Theater. Assolutamente no.
Ma spero vivamente si torni a quei “concerti di una volta” – che non ho mai vissuto, ma che mi hanno raccontato o ho visto in televisione -, quelli che se li vedevi a quindici anni ti veniva voglia di formare una band e spaccare il mondo; contrariamente a oggi, che vedendo certi concerti e seguendo certi artisti l’unico desiderio plausibile è quello di prendere i like di “quella band” e dire che non scopi.
Perché sono tanto positivo? Vi lancio il mantra di questo ultimo anno: Joe Victor. Vi lancio un nome storico che tornerà con un nuovo disco e un live da paura: Mary in June. Vi lancio dei giovani che sono in viaggio salendo la china: Eugenio in via di Gioia. Vi lancio dei super giovanissimi che sono sulla strada per iniziare la salita: La Scala Shepard.
Cosa hanno in comune? Le canzoni spaccano, il live è incredibilmente vero, onesto, autentico, coinvolgente e hanno iniziato tutti dal basso, conquistando il loro pubblico concerto dopo concerto, di bocca in bocca, senza i “big likoni” su Facebook e le polemiche social anti-indie, anti-di-qua, anti-di-là.
Loro suonano e basta, lo fanno bene, divertendosi loro per primi. Il risultato è che la gente si diverte, è coinvolta e li segue.
Penso sia scontato dire che andrete avanti con questo format, parlaci della squadra che sta lavorando alla realizzazione dei prossimi eventi.
Assolutamente sì, andremo avanti e faremo sempre di più…abbiamo molta fame!
Ti posso dire che il cuore del team è un quartetto: io e Davide Dose (Spaghetti Unplugged) che gestiamo la parte logistica, manageriale e di direzione artistica di tutto ciò che riguarda Sofar Sounds Roma; Egidio Amendola (MIDRIA) che coordina tutto il meraviglioso team di tecnici che realizzano i video – oltre che curare tutto ciò che è l’immagine di Sofar Sounds Roma – e Iacopo Sinigaglia (Music J Studio) che cura la squadra di fonici super professionali la quale realizza, per ogni concerto, il suono in sala – e non avete idea di quanto sia complesso cambiando ogni volta location! – e le registrazioni dei live, sempre perfette.
Intorno a queste quattro figure ruotano delle persone che, più semplicemente, chiamiamo “famiglia”. Siamo partiti che eravamo una manciata e dopo una sola data – e mezzo – si sono aggiunti a noi altri appassionati che, semplicemente, ci hanno contattato o ci hanno detto di persona, dopo un evento, che erano super entusiasti del progetto e volevano aiutare.
È una cosa meravigliosa. Ogni concerto – ogni “gig”, per dirla nel linguaggio Sofar – è incredibile e, sì, credo non ci stancheremo presto: siamo assuefatti dalle emozioni forti ormai!
Un’esperienza assolutamente fuori dal comune, insomma, dove l’atmosfera intima e accogliente rappresenta la vera protagonista della serata. Da oggi anche Roma ha i suoi salotti segreti della buona musica.
Foto di Sofia Bucci