Ed è inevitabilmente immediato il rimando a Robert Johnson. Che poi dalle prime note si fa chiaro lo scenario blues al quale attinge la cantautrice toscana Silvia Conti. Riemerge da un breve silenzio curativo dopo un ottimo riscontro di critica del precedente disco “A piedi nudi (Psichedeliche ipnotiche nudità)” uscito nel 2017 per la RidicMusic a rompere un silenzio che durava sostanzialmente -parlando di grande pubblico – da quel Sanremo del 1985. E dopo un disco di derive pop arriva questo nuovo singolo in cui vuole rompere gli schemi della forma canzone pop italiana senza comunque cercare chissà quale trasgressione, poggiandosi sulle tradizioni estetiche di quella tradizione americana, un poco folk e un poco blues, parlandoci di una speranza salvifica per questa vita d’artista. Lei che dal silenzio è scappata con forza e decisione per tornare ad essere libera.
Tornata in scena meno pop del solito. Non lo sei mai stata a dir la verità… ma questa volta sei proprio blues. Come mai questa direzione sfacciata?
In realtà il blues è sempre stato sotteso nella mia produzione musicale, nell’album “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” c’è una ballata blues dal titolo “Vai”; non è una novità quindi.
Che poi sei didascalica anche in tanti dettagli, non ultimo il modo di pensare e realizzare il video o sbaglio?
È stata una scelta precisa. Mi piace raccontare storie e quindi mi sono lasciata andare. Questa storia in particolare poi, non potevo raccontarla in maniera diversa perché volevo fosse il più possibile fedele alla tradizione ed abbiamo fatto la stessa scelta stilistica anche per quanto riguarda il modo di suonare la canzone, come se fosse stata eseguita dal vivo su uno sgangherato palco di legno in un locale d’altri tempi.
Il nuovo disco sarà tutto “fuori pista” in questo modo?
Se per “fuori pista” intendi il blues posso anticiparti che sì, ce ne sarà molto ma non sarà l’unico terreno che esploreremo. Mi piace sentirmi libera in tutto e “vagabondare” in ogni genere musicale che in quel momento, in quello della composizione intendo, attraversa la mia anima e la mia fantasia.
Cerco di girarti una domanda prendendo a prestito l’immagine di questo brano. Perché vuoi tornare a quell’incrocio? Cosa chiedi al “diavolo”?
Cosa chiederei al diavolo? Che mi faccia svegliare domattina sapendo suonare la chitarra come Eric Clapton! E ci andrei davvero a quell’incrocio perché mi piace pensare che nella vita possa esserci qualcosa, un incontro, un momento, una svolta, che appartenga alla magia anche se, a ben pensarci, già la vita stessa è qualcosa di magico.