Si intitola “Her Snakeness” ed è teatrale come la sua formazione. Un disco che a girar nell’impianto si annoia da se. Lo sentiamo pulsare di un’energia visionaria e psichedelica, pretende e si aspetta che venga portato oltre il semplice ascolto…come si dice da più voci e noi ci accodiamo credendo bene che non ci siano parole migliori da poter usare. Micaela Battista oggi torna sulle scene discografiche sotto spoglie firmate da Silversnake Michelle e adorna di serpenti come immagine metaforica di qualcosa – pensiamo e deduciamo noi – che si insinua nel quotidiano, viscido come un pensiero cattivo, scomodo come quando si prende coscienza davvero di un se, scivolosa come scivola la vita stessa. Ed il concept di questo disco che sfoglia i suoi pensieri su base epicrock par essere proprio quello. Per lunghi tratti sono forti i richiami con le scritture di Gabriele Finotti e i suoi Misfatto. Michelle e le sue confessioni, il tempo e lo spazio che sbriciolano un po’ alla volta quel che resta della lunga strada ancora da percorrere. Un disco ampio…
Quanti serpenti su questo disco…cosa rappresenta questa immagine?
Rappresenta quello che è la mia visione attuale del mondo. Tanti animali sovrapposti aggrovigliati tra loro, ma senza comunicazione. Soli dentro loro stessi.
Il serpente rappresenta benissimo questa solitudine. Non è un animale sociale. Vive solo. Rappresenta altresì la musica presente nel disco. Si attorciglia su se stessa.
“Snakeness”…sembrerebbe significare “senza serpente”…o qualcosa di simile…ovvero?
Snakeness significa “Sua Serpentità” una divinizzazione del serpente. Ho voluto identificarmi e in questo animale sacro che rappresenta la forza, la rinascita ma anche il peccato.
Questa indomabile varietà di suoni e di soluzioni melodiche…come mai questa direzione artistica?
Diciamo che avevo bisogno di esplorare cose nuove. Avevo un forte fermento interiore che doveva essere espresso e solo così poteva trovare sfogo.
Non è stata una scelta pensata, ma arrivata di getto. Istintiva anche se apparentemente molto cerebrale e ricercata.
Un’esplorazione nei meandri più oscuri della mente e tradotto in musica.
Il tempo e la fine del viaggio. Temi ricorrenti e importanti. Cosa ti spinge a svilupparli…?
Sono tematiche astratte, ma dettate dalle mie ansie relative a questo argomento. Sono angosciata dallo scorrere del tempo. Non riesco ad accettarlo.
Non riesco a trovare il senso di tutto questo. Affannarsi la vita quando poi la stazione finale spazza via tutto e non esiste più nulla di te.
Siamo schiavi di un concetto inesistente: il Tempo. Lo trovo fortemente surreale.
Un disco autobiografico o destinato a tutti?
Il disco è molto autobiografico, nel senso che esprime le mie ansie e le mie emozioni. Racconto i miei sogni e il mio immaginativo. Ma comunque destinato a tutti. Riprende le tematiche universali di vita e le paure che tutti noi abbiamo e che magari nascondiamo a noi stessi per poter sopravvivere. Consapevolizzare che il senso della vita siamo noi. Ed è solo dentro noi stessi la risposta alle domande che costantemente mi pongo, ma è un qualcosa difficile da introiettare.
Il brano più rappresentativo? Quello che invece, col senno di poi, avresti lasciato a casa?
Ci sono diversi brani che mi rappresentano a seconda dei momenti. In questo periodo quello che mi rappresenta di più è DEAD END.
Il frastuono delle vite quotidiane mi opprime e sento di voler scappare, ma non trovo la direzione giusta.
Non lascio a casa nessuno dei brani, forse qualcuno mi rispecchia meno oggi rispetto a quando è stato scritto, ma sono tutti frammenti di me a cui sono affezionata.
Angelo Rattenni