Suono modulare, composto e generato dalla sincronia di Eva Benfenati e Giacomo Giunchedi (aka Sacrobosco), i Sea:side, progetto che oggi trova una faccia dentro un primo Ep dal titolo “Riot as a game” che tra gli altri vede anche Matilde Davoli alla fase di Mastering e Justin Bennet che si unisce ai nostri per quella di Mix. Cadenzato come il sentire del cuore, del pulsare, quel definire geometrie e poi romperle… smussarne i contorni, come dentro le immagini di questa copertina o come nel video ufficiale. E tutto questo apre scenari decisamente non prevedibili a priori…
La copertina di un simile progetto ha più chiavi di lettura del suono stesso. Si mescolano identità e contorni. Il gioco delle luci, le sue difformità… cosa si legge e come?
entrambi siamo legati all’esperienza che scaturisce dal legame tra arti visive e musica, così abbiamo cercato di dare un riferimento visivo alla nostra musica che non si inserisce in una forma o in genere definito, ma può essere descritta in tanti modi. Così anche grazie ad Elide Blind, la nostra fotografa, che ha declinato molto bene le nostre idee, siamo riusciti a dare un volto preciso al progetto
Restando sul tema mi sarei atteso qualcosa di più didascalico al concetto di mare… ma qui di didascalico c’è poco… sbaglio?
No, non sbagli. Il concetto di mare si riferisce più al suo ritmo e ai suoi cambiamenti improvvisi, è la parola che definisce meglio il progetto. Abbiamo voluto creare un’oscillazione continua tra sonorità scure e suoni più rosei e calmi, intrecciando le caratteristiche delle nostre influenze individuali. Infatti si passa da una traccia come Pulse con un riff veloce e potente tipico della techno, ma dall’anima drammatica e malinconica, a Ten Days che invece si fa più scura, ma allo stesso tempo sfocia nella vaporwave. Così come il mare ci muoviamo a seconda degli impulsi che abbiamo, delle influenze musicali che abbiamo raccolto negli anni e gli diamo momenti di calma e altri di tempesta.
Synth e suoni… come li avete scelti e come li avete anche scartati?
Il nostro lavoro si è basato su uno scambio di materiali in costruzione. Due tracce sono partite da Giacomo e due da me. Nella maggior parte dei casi Giacomo ha curato la parte dei synth e sample e io mi sono occupata di quella ritmica, ma ci siamo scambiati e messi in gioco parecchio lavorando uno sul genere topic dell’altro. Questo ha voluto dire un grande lavoro di modulazione e modifica dei suoni per trovare un equilibrio, partendo da un’idea di musica che volevamo trasmettere: sonorità morbide che si infrangono su onde alte e metalliche.
Avete lavorato su due fronti, due diverse direzioni… le avete fatte dialogare assieme incastrandole, modellandole opportunamente oppure avete lasciato che tutto si costasse senza compromessi?
Sicuramente il dialogo tra i nostri generi è il cuore del progetto sea:side. Alcune tracce sono venute fuori in maniera molto fluida nonostante le diversità, altre come Ten Days hanno richiesto un lavoro più lungo e ragionato, puntato proprio sull’incastro e che rispecchiano il senso del nostro progetto sperimentando a fondo il connubio tra techno e ambient.
Il video ufficiale… inevitabile provare a rintracciare una chiave di lettura. Mi colpisce però che si inneggia, ditemi se sbaglio, a quel caleidoscopio che tanto amavamo da ragazzini o comunque ad una grafica dalle potenzialità assai primigenie… ditemi se sbaglio ma ho l’impressione che ci sia una ricerca del passato… vero?
Si è vero. Ci piacciono le forme e i colori tipici degli stili vaporwave e retrowave, ci piace sperimentare anche sul fronte del video editing, non a caso il video è stato fatto a sei mani, in primis da noi con il contributo dell’artista Ivan Fu, introducendo anche elementi del passato della nostra generazione.