– di Naomi Roccamo –
La mia intervista a Scarda è stata insolita perchè fatta in viaggio, mentre attraversavo l’Italia da Bologna diretta a Roma.
Tra un social e l’altro scopro poi che, ironia della sorte, anche lui quella settimana aveva vagato per il capoluogo emiliano e me lo fa notare subito durante la nostra chiamata Whatsapp con la mia foto seduta sotto ai portici in bella vista.
Tortellini e piazza Verdi a parte, ci telefoniamo per parlare di Bomboniere, il suo terzo disco uscito il 4 giugno per Bianca Dischi e Artist First.
Spiegami un po’ delle tue origini intanto. Dici sempre che le tue influenze musicali provengono dai tuoi continui spostamenti. Da dove sei partito?
Tutto è nato perché frequentavo una facoltà universitaria che non mi piaceva ma l’ho capito solo dopo. Le mie passioni invece erano la musica e la scrittura allora ho pensato di doverle unire. Scrivere storie tramite musica. E allora sono diventato un cantautore, ride ndr. Io sono napoletano, sono nato lì e il piacere di esibirmi sul palco ed espormi sicuramente è una cosa che devo alla mia napoletanità . Son cresciuto in Calabria ma ai calabresi non piace esporsi, esporsi sentimentalmente non è da calabresi, infatti son venuto a Roma ed è qui che ho iniziato a farlo. Devo ammettere che il primo disco parla proprio della Calabria. Ho elaborato a Roma tutto quello che ho vissuto in Calabria.
Quanto ti senti diverso rispetto ai tempi di Tormentone?
Secondo me questo disco non è troppo diverso, gli argomenti sono sempre quelli. Diciamo che mi serviva chiudere il discorso, ride ndr. Io uso sempre questa chiave poetica e credo che l’evoluzione o involuzione rispetto a Tormentone stia più che altro nella produzione. Bomboniere è stato prodotto con macchinari più costosi a Milano, è stato registrato in studio e questo di sicuro ha influito. Poi ho iniziato a scrivere in maniera diversa e cioè abbandonando la rima baciata, ad esempio, un mio classicone.
C’è una parte di “Niente” quando dici non lo vedi che io sto morendo? e tu guardi chi ti sta chiamando, faccio finta che non me la prendo, faccio finta che non sto capendo, niente che mi ha fatto subito pensare a un’analogia nel testo con “Palazzina Gialla”. Quando ascoltavo quella canzone ero tristissima e speravo di trovare solo palazzi di quel colore per empatizzare ulteriormente. C’è un legame fra le due canzoni?
Non posso crederci, ride ndr. A una somiglianza nel testo non ci avevo pensato, però in realtà un legame fra queste due canzoni c’è perchè parlano della stessa persona. Incredibile che tu te ne sia accorta in un modo o nell’altro.
Ma le donne a cui dedichi tutti questi brani esistono davvero o sono donne ideali ed idealizzate?
Sono donne idealizzate ma lo sono anche perché io prendo ispirazione da storie a caso, non sempre storie mie o di altri che conosco. Mi succede con impulsi provenienti da film o serie tv, tramite passaggi che sento parlare di me o comunque a me. Indirettamente parlo sempre di me perché evidentemente la cosa l’ho vissuta. Quando ne esce fuori una canzone con cui qualcuno empatizza mi piace rifletterci sopra a lungo dopo.
In “Asciutto” ti metti nei panni di una donna. Cosa ti ha spinto a farlo?
In “Asciutto” parlavo con un tipo di donna che mi ha sempre affascinato e che presentava un modo di essere di almeno altre tre persone che conosco. Persone che non camminano sulla terra, planano, persone che si innamorano dei propri difetti e vogliono perpetrarli questi loro difetti. Questo atteggiamento mi fa arrabbiare perché io nella vita mi affido alla logica e non all’istinto.
Ma non si direbbe minimamente da come scrivi!
Lo so, lo so e invece! Però poi alla fine io mi ritrovo sempre con le stesse persone. Donne nelle quali non mi immedesimo sia perché non sono donna sia perché non sono come loro. Opposti che si attraggono.
Qualche tempo fa ho intervistato Modigliani con cui hai collaborato in “Lasciare Per Ricominciare”. Tu come hai vissuto quell’ esperienza?
Sicuramente un’esperienza di collaborazione e di amicizia per me . Apparteniamo alla stessa etichetta sarda ma non è stata assolutamente solo un’ operazione di etichetta perché la sua musica mi piace molto e lui mi ha chiesto di scegliere fra due pezzi. Io ho scelto questo perché era estremamente dolce.
E invece della collaborazione con Cimini in “Lasciarti perdere” che mi dici? Alla fine con gli altri parli sempre di “lasciar” qualcosa!
Fondamentalmente io avevo questo pezzo per le mani ma la seconda strofa non mi convinceva per cui ho chiesto l’aiuto da casa. Chiamo Fede e gli faccio fare la seconda strofa. Intuivo un potenziale ma io stesso rovinano la canzone perché ero pesante lui, molto è più ironico e mi serviva. Allora gli ho scritto e l’abbiamo registrata a distanza, lui a Milano io a Bologna. Venivamo dalla stessa etichetta discografica e poi entrambi l’abbiamo abbandonata. E poi siamo calabresi tutti e due, siamo amichetti.
E di questi amichetti e non con chi ti piacerebbe cantare?
Ma sì in generale ce ne sono tanti. La collaborazione è un po’ strategia un po’ amicizia. Ci sono dei fattori che non fanno in modo che sia fattibile a volte. Anzi se posso faccio questa piccola denuncia e cioè nel mondo indie non c’è la stessa tendenza del mondo rap, ad esempio, di collaborare. Nel mondo del cantautorato ci sono delle resistenze, delle dinamiche un po’ pesanti che andrebbero smaltite. C’è un po’ di competizione. Qualche collaborazione in porto non la posso dire ma la ho. Facciamo che non te lo dico e facciamo finta che non ci sia allora, ride ndr. Prima o poi uscirà.
Comunque tu hai già iniziato con qualche live, no?
A maggio ero stato ospite di un festival letterario mentre a Bologna la scorsa settimana ho suonato con Bianco all’Arena Puccini, al Locomotiv ed era una data zero perché organizzata prima del disco. Non era previsto che il disco uscisse il 4 giugno ma non volevamo proprio perdere la data .Mi sembrava anche brutto comunicarlo e non vedevo l’ora di suonare! La data ufficiale di inizio è quella del 9 giugno a Milano, al Magnolia. Io ho fiducia anche nell’inverno. Spero nei club. Non vedo l’ora che le persone tornino a sedersi l’una sull’altra.