Cercando di constringere la genialità di Frank Zappa dentro modi e stilemi del pop, qui macchiato di esotico, di ska, di fusion, di rock che non guasta mai. C’è di tutto dentro “Amore vita sentimenti posto fisso”, il nuovissimo disco di Samuele Stanco e dei suoi Gabbiani Malvagi. Tra 9 intermezzi che fanno da ponte da dentro il realismo di tutti giorni, si dipanano poi 10 inediti che fanno il verso alla serietà dei gravissimi problemi che attanagliano l’abitante medio di questo bel paese. Ovviamente tutto ha una veste ironica ma il dietro le quinte è luogo intelligente per raccogliere dalla maschere il vero messaggio di ogni brano. Un disco per boomers o per nuove leve della vecchia intelligenza.
È un disco dalle mille domande… partiamo da qui: il nonsense si prende tutto lo spazio che c’è. Ma dietro al nonsenso esiste anche il “sense”? Il vero filo conduttore di un disco come questo… qual è?
Sicuramente si può dire che c’è stata una grande operazione di depistaggio. Il no sense è un divertissement non propriamente fino a sé stesso, ma un elemento che contribuisce e magari esaspera il carattere spiccatamene eterogeneo dei vari brani che compongono il disco. É un grande melting pop, la cui coerenza forse è data (dall’essere decisamente caotico e non coerente) dal non essere coerente affatto, un po’ per natura del progetto in sé, un po’ per nostra scelta. A livello di generi musicali, di fatti andiamo dal funk al rock al pop, al reggae passando per la dance. In realtà se si prende una per una le canzoni, il senso lo si trova eccome, anche se ogni pezzo potrebbe essere un micromondo autoconclusivo nella sua narrazione. Però sicuramente l’intento di ogni brano era di raccontare qualcosa, per quanto più o meno assurdo che fosse.
Amore vita sentimenti posto fisso… fotografie puntuali della perfetta condizione omologata del quotidiano?
Sicuramente c’entra il quotidiano. C’è sì una retorica sarcastica, ma non in senso spiccatamente politico. Vuole intendere più un’operazione autoironica che prende la forma di uno slogan che accosta termini nobili ed elevati con la concretezza del “posto fisso” condizione da cui molti scappano e che alcuni ricercano. Il concetto era “Si bello tutto, ma in un modo o nell’altro poi devi campare”
Che bel reperto antico in copertina… siamo in una discarica o in uno “scavo archeologico”?
Ce lo siamo immaginati sì come un reperto arcaico-futuristico di una stazione radio intergalattica, collocata su un pianeta sconosciuto, che trasmette da un mare di monnezza. Questa autoradio monnezza trasmette veramente la qualunque, perfino la nostra musica.
E per voi questo gabbiano… che rappresenta?
Il progetto vede la sua nascita a Venezia, e in quel contesto i gabbiani sono una presenza che non ti lascia indifferente e con cui in qualche modo bisogna fare i conti. Ecco che li abbiamo scelti quindi come elementi per creare una narrazione surreale e grottesca nella quale questi ultimi finiscono un po’ per rappresentare le nostre ombre, i nostri alter ego dalle maniere decisamente poco educate. É un antagonismo che è pretesto di racconti e di una lotta metaforica contro l’altro, il diverso che molto spesso è una parte di noi che non comprendiamo.
Che poi sono numerose le citazioni… da Massimo Ranieri al grunge dei Blur. O sbaglio?
Certamente, azzeccate entrambe. Diciamo che ci siamo divertiti, tra gli altri c’è anche un velato omaggio a Georgy Porgy dei Toto ne Il Cesso del Circolo Arci