Venerdì 20 gennaio, la factory sonora Stellare ha pubblicato “La Cena del Tempo”, il nuovo lavoro di Samuel.
– di Assunta Urbano –
In venticinque anni di attività, i Subsonica hanno ristabilito le regole della musica italiana, portando uno scenario elettronico a un pubblico più ampio. Quindici album ricchi di storie e di una società, a metà tra l’evoluzione e la decadenza.
E se una band è stata in grado di fare un percorso del genere è stato anche grazie ai progetti paralleli dei componenti. Abbiamo visto Samuel, leader e voce del gruppo, nei Motel Connection e come solista.
Venerdì 20 gennaio, la factory sonora Stellare ha pubblicato “La Cena del Tempo”, il nuovo lavoro del cantante torinese. Una fiaba del tutto fuori dagli schemi, in cui l’elettronica contemporanea incontra l’opera tradizionale di uno dei personaggi più noti della nostra storia musicale: Antonio Vivaldi.
Oltre all’album, è stato pubblicato un podcast, in cui l’autore si trasforma in un cantastorie, che porta nell’immaginario degli ascoltatori la visione di questa Cena popolata da personaggi straordinari, simbolici, mitologici.
Nei mesi scorsi abbiamo intervistato Max Casacci e Boosta, per scoprire i loro lavori individuali.
Questa volta, abbiamo fatto qualche domanda a Samuel, con un intervento da parte del collettivo, per catapultarci al meglio nel suo mondo.
Un dialogo immaginario tra Samuel e Vivaldi: cosa significa pubblicare un lavoro del genere nel 2023 e in questa fase del tuo percorso musicale? E cosa credi che avrebbe pensato Vivaldi ascoltandolo?
Non so che impatto avrà per il mondo in generale. Per me, ha un senso riflessivo, molto personale, legato al concetto di Tempo. Dopo aver fatto tante esperienze e aver vissuto tante vite musicali, in questo momento ho la necessità di fermarmi e iniziare a riguardare il mio percorso. Se non si prende una pausa, può capitare di perdere un po’ i contatti con il proprio mondo e di vedere il tutto come un enorme magma di idee. Quello forse è il motivo per cui mi sono trovato inconsciamente a realizzare e a produrre questo spettacolo.
Immagino Vivaldi impazzirebbe dalla curiosità di utilizzare e provare le attrezzature. Se io, tra trecento o quattrocento anni, dovessi rivivere con un musicista di quel tempo, sarei sicuramente ammaliato e travolto dall’enorme diversità, capacità e complessità del futuro. Sarei incuriosito di sapere cosa accade in un momento lontano. A parità di voglia musicale, il lavorare in un tempo ignoto per lui sarebbe potuto essere affascinante.
Quando pensiamo a Torino, associamo alla città determinate sonorità, sicuramente elettroniche e spesso internazionali. Come suona, invece, Venezia, secondo te?
Torino ha una vitalità musicale strettamente legata alla musica elettronica. C’è la necessità di andare al succo della sintesi del suono. Lo dimostra il fatto che ci siano due dei più importanti festival del genere al mondo: il C2C (Club 2 Club) e il Kappa Futur Festival. Il simbolo di una città che ha costruito tantissimo. Non a caso i Subsonica sono di Torino e hanno influenzato generazioni di musicisti all’elettronica e al pop.
Venezia è una città storica, che ha un appeal e attrae per la sua bellezza architettonica e questa folle idea di costruire un meccanismo di vita sull’acqua. È allo stesso tempo un luogo stimolante per i creativi. Quasi tutti gli artisti visivi o musicali, ma anche grandi pensatori o filosofi sono passati di lì o ci hanno vissuto.
Nei suoi sotterranei umidi e muschiosi ha un DNA elettronico. Uno degli artisti più conosciuti nel mondo è Spiller, che ha prodotto musica elettronica, ha fatto ballare tantissime persone e ancora oggi si muove all’interno della dance. Tantissime feste sono legate a questo codice espressivo della musica techhouse o house. Ci sono posti che si possono definire veneziani, ma non lo sono per questioni geografiche, come il Muretto di Jesolo, l’Area City e il TAG di Mestre. C’è una vitalità che racconta di una città non solo legata alla musica barocca, classica, ma anche all’attualità e alla modernità.
In un universo di personaggi straordinari e simbolici, il Tempo, il padrone di “casa”, è il protagonista del racconto. Che ruolo ha nella vita e nel modo di fare musica sia di Samuel che di Stellare?
Samuel: Il Tempo è un dramma, sia vederlo sfuggire tra le mani che vederlo correre. Nel momento in cui pensi a qualcosa e poi lo realizzi è già finita e devi pensarne un’altra. È drammatico vederlo correre così. La cosa più terrificante è rendersi conto del suo scorrere, quando sta finendo. Nell’istante in cui ti stai nutrendo di ciò che ti circonda, non te ne rendi conto. Intanto, lui passa. Questo concetto, a parer mio, è drammatico, per chiunque.
Questa sorta di corsa, però, è ciò che permette alla musica di esistere, senza una timeline, un inizio e una fine. Non esisterebbe la musica, non esisterebbe la velocità della musica. Non ci sarebbe il ritmo. Noi musicisti, chi vive la musica e la fa da sempre, con la maturità, ci scontriamo con il fatto che vorremmo che il Tempo si fermasse, ma a quel punto dovremmo fare un altro mestiere! [ride, ndr] È un dramma che dobbiamo accettare e vivere.
Stellare: Il Tempo è alla base dell’esperienza musicale. Forse la musica ci offre l’unica occasione che abbiamo di poterlo fermare o, almeno, ci permette di imparare a sentirlo, di lasciarci trasportare dalle sue onde e seguirne il flusso.
Dalla prima pubblicazione, “Wave”, che mette in musica i suoni del mare, a questo nuovo lavoro. Avete descritto Stellare come un collettivo e una label dal respiro cinematico, che vive la musica in modo libero, ci raccontate della vostra sperimentazione e della ricerca sonora con cui costruite nuove geografie uditive?
Stellare: Il collettivo nasce da una nostra esigenza intima e viscerale di creare uno spazio diverso, un luogo per noi e per chi, come noi, ha bisogno di vivere la musica liberamente, senza alcuna finalità se non quella di dare voce alla propria creatività, svincolati dalle sovrastrutture della standardizzazione delle produzioni. Volevamo un posto dove poter sperimentare.
Abbiamo iniziato, infatti, con le “Stellare Sessions”: un progetto di scrittura creativa tra producer e musicisti, una residenza artistica in luoghi fortemente evocativi ed affascinanti. Le prime due sono state nell’ambito del festival Zones Portuaires a Genova: abbiamo allestito gli studi in posti che potessero ispirarci, uno sul terrazzo del Museo del Mare e l’altro all’Acquario usando suoni sottomarini per scrivere musica. Il risultato è diventato il nostro primo album “Wave”.
Poi abbiamo fatto una Stellare Session all’Eolie Music Fest usando i suoni dei vulcani, che presto diventerà un disco e in quell’occasione abbiamo presentato “Wave” dal vivo. Abbiamo prodotto anche l’EP di Francesco Bacci (Ex-Otago) aka Lowtopic, che era anche tra i musicisti delle prime Stellare Sessions e del nostro primo album insieme a Federico Dragogna e altri artisti del panorama italiano e internazionale.
Il 2023 è iniziato al meglio: oltre all’album e podcast di Samuel, siamo usciti anche con un disco live della crew dub-jazz Fire con la leggenda Adrian Sherwood. Nei prossimi mesi abbiamo in programma diverse release: quella del pianista- ambient Alberto Marson, dell’artista sonoro Guido Affini e del dj Ma Nu che amiamo molto e che si sta facendo notare per il suo talento.