– di Giacomo Daneluzzo –
Maurizio Pisciottu, in arte Salmo, è arrivato al suo sesto, attesissimo, album, uscito per Columbia / Sony Music Entertainment Italy, il terzo in major. Il titolo, estremamente ironico, è “FLOP” e il lancio era accompagnato dalla didascalia: «Il mio disco peggiore».
Non so dire se sia davvero il disco peggiore di Salmo, anche perché sono questioni estremamente soggettive; quel che è certo, però, è che si tratta di un disco molto diverso da tutti i precedenti. Del Salmo di “The Island Chainsaw Massacre” (2011), “Death USB” (2012) e Midnite” (2013) – i primi tre album dell’artista sardo – non è rimasta più alcuna traccia, o quasi. “Hellvisback” (2016) è stato un capitolo a parte, mentre “Playlist” (2018) è sicuramente l’album più simile, una sorta di ponte tra il “vecchio” e il “nuovo” Salmo: questo qui, quello di “FLOP”.
Ed è di questa versione di Salmo che parliamo. Non mi voglio soffermare più di tanto sui testi, visto che sono senza dubbio il punto più debole di “FLOP” e forse anche in generale della produzione artistica di Salmo, ma qualcosa va detto: c’è senz’altro un’evoluzione, o meglio, un cambiamento, sotto questo aspetto; per esempio, in “ANTIPATICO” per la prima volta sentiamo Salmo affermare qualcosa con un vago sentore di progressismo (o forse gli è solo uscita male): «Per l’italiano tutte zoccole, tranne la mamma». Oltre a questo, più o meno siamo sempre lì. Il rap italiano, in generale (e Salmo in particolare), non è ancora riuscito a superare certi cliché del genere e forse non si può insistere più di tanto su questo punto, soprattutto quando si tratta proprio di uno degli artisti che hanno contribuito maggiormente a consolidare i modelli stilistici ancora in atto.
Dal punto di vista dei testi, si può dire che “FLOP” è una sorta di concept album su Dio e sulla religione, concetti che tornano in quasi tutti i brani, sempre visti in una chiave altamente critica e polemica, per usare un eufemismo, con un tono che oscilla tra un’ironia sarcastica, un nichilismo materialista e un sempreverde vittimismo. Ci va giù davvero pesante, con la religione, al punto che potrebbe risultare irritante anche per un non credente come chi scrive. Per far capire che cosa intendo:
«Se accendo il mic fatti il segno della croce / Quando entro nel club tutti dicono: “Jesus” / Quando parte il mic check tutti verso di me / Sono il nuovo Yahweh, ah, Jesus / Zero Christian Dior, Dior / Dicono: “Cristo, ti odio” / Quando parte il mic check tutti verso di me / Sono il nuovo Yahweh, ah, Jesus»
(“YHWH”)
«Voglio stare senza Dio nel presente e domani / Quando prego Padre [Pio] vorrei scoparmi le mani / Le stigmate, frate’, non ce le aveva ai polsi / Quindi i buchi sopra i palmi se li è fatti a morsi»
(“CHE NE SO”)
«Bella, frate’, se ci sei batti un colpo, ché qua c’è un problema / Con l’acqua alla gola, le mani in preghiera, non possiamo farci una [sega] / Dicono in giro che il peggio bandito sia il padre di Cristo / Che la Chiesa non paga la cena e alla beneficenza non ti hanno mai visto […] / Mollami, oh, è un po’ colpa tua questo clima di merda / Ho letto il tuo libro, la Bibbia, e alla fine ho capito che parla di guerra»
(“A DIO”)
Il problema non è l’anticlericalismo, figuriamoci. È che sembrano essere sparate a zero, abbastanza ignoranti e prive di alcun tipo di riflessione teorica, rivolte, più che alla Chiesa, al concetto stesso di religione e a chiunque creda in qualcosa di diverso dal materialismo spiccio che, tra le righe, propone. E mi sembra abbastanza ridicolo il fatto che queste critiche (che più che critiche suonano come attacchi), piene di presunzione di essere foriero di un qualche tipo di superiorità morale, vengano proprio da Salmo, che, ricordiamoci, è quello di: «Se avessi un figlio gay sicuro lo pesterei» (“Merda in testa”, 2012) e di molteplici altre uscite omofobe, transfobiche, misogine e classiste (che forse ci si aspetterebbe, più che da un rapper anticlericale, da qualche fanatico ultra-cattolico di estrema destra o da qualche altro tipo di fondamentalista religioso), nei testi e sui social, oltre che di una serie di comportamenti pubblici non esattamente ineccepibili da un punto di vista etico, come mandare ad almeno un’influencer foto non richieste del proprio membro nei messaggi di Instagram.
Ma appunto, soffermarmi sui testi non è ciò che m’interessa fare, perché “FLOP” presenta altri elementi ben più interessanti, su cui c’è sicuramente di più da dire, rispetto ai testi. In questo caso è bene scindere in modo abbastanza netto il lato lirico da quello musicale.
Quello di “FLOP” è un Salmo che è uscito dall’hardcore rap e che, piuttosto, è parecchio lanciato nel pop, nel mondo del mainstream, seppur declinato in un modo tutto suo, com’è giusto che sia, visto che si tratta comunque, al di là dei gusti personali e del parere che posso avere sui suoi testi, di un artista capace di adattarsi e di restare coerente a se stesso anche nel cambiamento e nel rinnovamento; anche e soprattutto per questo, infatti, Salmo è uno degli artisti più importanti del mercato discografico italiano e probabilmente continuerà a esserlo ancora per un po’.
Certo, chi ha in mente il Salmo di pezzi come “Il Pentacolo” non può che restare quantomeno stranito a sentirlo cantare frasi come: «Mi uccide se ripenso che sei la fine del mondo come i Maya […] / Questo amore è un kumite, baby, è un kumite» (da “KUMITE”, prodotta dal duo multiplatino Takagi & Ketra). La parentesi ultra-pop torna anche in “L’ANGELO CADUTO”, prodotta da Luciennn, mentre in più di un paio di tracce (“CRIMINALE”, “HELLVISBACK 2” e “FLOP!”, non a caso prodotte tutte da Salmo stesso) ci ritroviamo in quel solco tracciato da artisti come Achille Lauro di un rap pseudo-cantato su basi che riprendono sonorità spiccatamente pop punk.
Tuttavia la maggior parte delle tracce, musicalmente, non brilla certo per originalità:“ANTIPATICO” riprende – volutamente – il tipico boom bap del rap old school, “MI SENTO BENE”, “IN TRAPPOLA” e “LA CHIAVE” (tutt’e quattro prodotte da Andry The Hitmaker) presentano basi puramente trap senza gloria e senza infamia, “GHIGLIOTTINA” vede Low Kidd e Luciennn produrre una base trap un po’ più interessante, con almeno qualche elemento di originalità, principalmente il sample di un piano – che Low Kidd ha usato spesso nella sua attività con il 333 Mob di beatmaking per il rapper Lazza – dei bassi a volume particolarmente alto e una strana parentesi con delle improbabili campane – sì, tipo quelle delle chiese, esatto. “A DIO”, prodotta dallo stesso Salmo, è una copia della vecchia “Don Medellin” feat. Rose Villain, migliorata dalle chitarre di un Alex Britti davvero in forma.“CHE NE SO” e “FUORI DI TESTA”, prodotte da Luciennn rispettivamente con El Verano e Salmo, sono un po’ più energiche grazie a buone basi elettroniche.
Qualche brano, però, non solo si salva, ma risulta anche particolarmente intrigante, musicalmente. Mi riferisco a “YHWH”, unico brano prodotto da MACE, in cui un bellissimo campionamento gospel sapientemente usato conduce a un risultato sorprendente. “MARLA” è forse la canzone più interessante dell’album, almeno dal punto di vista dell’arrangiamento (ma forse anche del testo, inaspettatamente sensibile): prodotta da Luciennn ed El Verano, è una ballata indie pop elettronica; potrebbe essere stata scritta da Coez (che invece figura, curiosamente, tra gli autori di “HELLVISBACK 2”) e dimostra che Salmo, se s’impegna, è capace di fare pop in modo più intelligente di come fa di solito.
Una menzione speciale va alla traccia di chiusura, “ALDO RITMO”, l’unico brano del disco interamente scritto, composto e prodotto da Salmo (che per quest’album si è avvalso del contributo di una gran quantità di autori e compositori), nonché una traccia inaspettatamente bella, che inneggia all’apertura di un nuovo capitolo della vita su una base estremamente ritmata e originale.
Insomma, “FLOP” può anche essere l’album peggiore di Salmo (di sicuro è quello più commerciale e radiofonico), ma è un album senza dubbio riuscito. Perfetto? No, non direi proprio, anzi. Ma al di là del “bello” e del “brutto” e dei giudizi personali non si può sicuramente dire che non sia un prodotto ben realizzato, destinato, come di solito sono gli album di Salmo, a inserirsi di prepotenza nelle classifiche e nella memoria degli appassionati del genere, che in Italia sono tanti.