Fabiano Gulisano e Raffaele Auteri in arte i Rough Enough. E questo muro di rock che tanto richiama l’America crossover ma anche l’Italia indie del Teatro degli Orrori. E noi non restiamo a guardare, sguazziamo dentro il rock duro di un disco come “Che la testa ti sia lieve”, nuovo disco per il duo siciliano che tra l’altro si impreziosisce anche di quella precisa produzione artistica firmata da Franz Valente (Il teatro degli orrori, One Dimensional Man, LUME, Robox, Buñuel, Love in Elevator…) e poi il suono del singolo “Ubi maior minor cessat” che vede il prezioso featuring di Ufo degli Zen Circus al basso.
“Abbastanza duro” giusto per parafrasare il vostro moniker. Come a dire che il pop è sempre dietro l’angolo o magari che non si può essere duri come si vorrebbe in questo tempo?
Lasciamo che sia materia abbastanza grezza, ruvida e genuina, una buona base di partenza che trasmetta spontaneità. Pop non sempre è sinonimo di roba brutta, ma molto spesso è artificioso.
Che poi spesso e volentieri ci sono leggerezze punk o anche qualche deriva prog… da un lato il gusto popolare e dall’altro qualche bella libertà compositiva o sbaglio?
Sì, anche quelle “leggerezze punk e derive prog” sono segno della libertà di comporre quello che ci piacerebbe ascoltare e che fa vibrare le nostre corde emotive.
Ufo degli Zen Circus nel singolo ma non è l’unico momento che vi riconduce a loro ma anche ad uno scenario indie di quel tipo. Siete molto legati a tutto questo vero?
The Zen Circus, Il teatro degli orrori, i Ministri, Luminal, Sick Tamburo o più indietro nel tempo C.S.I. e tanti altri… più che ad uno scenario, siamo molto legati alla possibilità di connetterci emotivamente con dei messaggi che reputiamo importanti.
E questa testa di oggi, lieve non è anzi, sicuramente è poco propensa a pensare. Questo disco ha tante sfaccettature sociali in tal senso…vero?
Eh sì, in alcuni momenti non è lieve per niente, in alcuni momenti siamo con il pilota automatico, in alcuni momenti abbiamo un lavorio mentale così pesante da non vivere qui ed ora: una delle poche possibilità che abbiamo.
Andremo a “morire” nell’omologazione o andremo alla rivoluzione?
In un modo o nell’altro una cosa è certa: moriremo.