Metti una sera al Monk Club di Roma.
Una sera fredda, tagliata dal vento gelido, ma né il freddo né il traffico (per quanto mi riguarda) hanno potuto fermare Antonio Rossi, in arte Rosso Petrolio.
Romano, classe 1988, presenta il suo primo EP omonimo frutto di tanta dedizione, ma soprattutto carico delle esperienze e delle emozioni di una vita.
Un’occasione importante, che non lascia certo indifferente il giovane cantautore. Finito il sound check mi confida infatti che “le occasioni importanti mi rendono nervoso e euforico, stasera riesco a dare una concretezza a tutti questi anni di lavoro.”
Appoggiati al bancone sotto l’aria calda del condizionatore, accompagnati da un sottofondo rockeggiante, mi faccio un po’ gli affari di Antonio.
In un contesto difficile come quello della musica emergente, mi chiedo come si riesca ad avere successo e a farsi conoscere, forse c’è stato un cambiamento in questi anni.
“La svolta penso sia stata creare eventi che colleghino il mondo mainstream ed emergente. Si conoscono persone, a tutti i livelli; c’è confronto, collaborazione, altre volte nascono veri e propri gruppi di lavoro.”
Ultimamente nella Capitale c’è un grande fermento, “l’evento che frequento di più è Spaghetti Unplugged, uno spazio dove tutti si possono esibire; in più invita artisti già affermati. Questo crea quel collegamento di cui parlavo.”
Tempo di augurargli buona fortuna per il concerto, e il locale comincia a popolarsi di amici.
I saluti, gli abbracci, gli strumenti da accordare.
Amici e strumenti, due elementi che hanno caratterizzato questo concerto.
Malgrado Antonio sia solito esibirsi da solo, per l’occasione sono intervenuti sul palco The Castaway, MÈSA, Luca Bellanova, Fabio Garzia, Claudio e Flavio Zampa (Impronte Records), artisti che hanno contribuito a rendere il progetto Rosso Petrolio una realtà. Una realtà che viene raccontata attraverso 5 brani, 3 in italiano e 2 in inglese, con ritmi marcatamente folk, dal sapore misto di casa e di oltreoceano, scortati da una voce forte, che gratta e strofina le unghie sul muro delle incertezze, cercando di incidere e fissare le proprie convinzioni.
Le parole rendono il pensiero di Antonio ancora più incisivo, più vero.
Sono i pensieri di un ragazzo che vive la sua quotidianità e la racconta a chi sa porgere l’orecchio e ascoltare con semplicità.
Ma anche a chi sa leggere.
Infatti l’EP viene accompagnato da una raccolta di poesie, intitolata Chronicles Of A Naufragio, un lavoro testuale legato inevitabilmente alle tematiche delle canzoni, parole pronunciate da lingue di asfalto che si intrecciano, che disegna sulla tela delle memorie le inquietudini e l’odore delle tue paure misto a: smog, fumo di sigaro, merda di cane.
A chiudere il concerto, un’interpretazione moderna e sincera di Canzone di Lucio Dalla, con la collaborazione canora di tutto il pubblico, che ha potuto godere della passione di un artista completo, umile, che con pazienza e sacrificio punta a conquistarsi la stima della sua città, con l’obiettivo di “uscire fuori dal raccordo (anulare)”. Ma prima di dilungarmi con le consuete lamentele sul traffico capitolino, incrocio le dita per Antonio e mi fermo qui.
Vincenzo Gentile