Space Pop: ecco la prima cosa che ho sottolineato durante la conoscenza di Rossella Aliano. Lei che per anni ha dedicato la sua scrittura soprattutto al folk e a certe radici traditional con il progetto Liberadante o ancor prima con Gli Gnorri, oggi scende in campo da solista accompagnata dal progetto Blood Moon Project che probabilmente ispira anche il titolo del disco: “Blood Moon”. Un esordio quindi in piena veste pop, cantautorale sicuramente vista l’importante dei testi (ermetici, visionari…psichedelici in alcuni tratti)…ma io poi lo definirei anche un disco elettronico dove proprio il contenuto sintetico degli arrangiamenti conferisce al pop della Aliano sembianze spaziali, eteree…e dunque diciamo proprio che space pop sia la definizione migliore. Inevitabilmente ci ritroveremo a citare Battiato…inevitabilmente pensiamo a “La Cura” quando il disco chiude con la bellissima “Real”, unico inedito cantato in inglese.
Mi incuriosisce tantissimo la trasmigrazione: dal folk all’elettro-pop. Dalla terra allo spazio. Com’è successo?
In maniera naturale. Sono cambiata io ed è cambiata anche la mia musica. Sono cambiati i tempi; mi sono innamorata dei synth, delle tastiere e l’elettronica. Mi innamoro sempre e di continuo, sono curiosa. È cambiato anche il mio modo di scrivere, magari prima partivo dalla chitarra, oggi magari parto da un riff di basso o da un loop che mi evoca mondi nuovi, che forse se ne stavano lì impazienti e che non appena hanno avuto l’occasione sono emersi.
Che poi in questo disco sembra non esserci proprio niente che riconduca al passato. Voce a parte certamente…
Ci sono due brani appartenenti al “vecchio mondo” Ali di ferro e Una statua sulla cattedrale, che sono stati leggermente ri- arrangiati. E poi credo che un filo conduttore ci sia sempre, ed è la mia anima, l’evoluzione di un percorso intimo, fedele a quello che sono adesso.
E per chiudere questa parentesi: la tua è una rivoluzione o un esperimento? Sei in cerca di altre “forme di vita” artistica o sei definitivamente approdata al tuo habitat?
È sicuramente un rivoluzione. Mi sento bene in questo mondo, quanto si è più aderenti al proprio sentire più ci si sente a casa. Ma se dovessi trovare pianeti più belli da esplorare, non esiterò a prendere la prima astronave che passa.
“Blood Moon”: perchè questo titolo? Lo sai che ha tantissimi richiami e citazioni pronte per l’uso…si?
Il primo concerto coi Blood Moon progect è stato nell’autunno del 2015, quella notte c’era l’eclissi di sangue, la Blood Moon appunto. Suonavamo per la prima volta “Giuda” quando una palla di fuoco ci è apparsa davanti nel cielo. Come non chiamare il disco Blood Moon?
Ma in qualche modo questo genere – mi piace la locuzione space pop – è il futuro o nel futuro si tornerà alle origini veramente folk?
Non credo di tornare a fare folk, però non posso nemmeno metterci la mano sul fuoco. E semmai dovessi ritornare a suonarlo, forse sarà uno space-folk!
Per chiudere parliamo del video “Giuda”: pensi che l’omologazione di massa sia un fenomeno italiano? E in generale questo disco è ispirato anche dalla società che abbiamo attorno?
No, la globalizzazione parte dagli Stati Uniti coinvolgendo il pianeta intero. Spariscono le tradizioni, miti e leggende. Ogni differenza ci esclude, ci taglia fuori da questo sistema se non stiamo al gioco. E’ tutto ben architettato, se vuoi sopravvivere hai bisogno di un lavoro che non ti piace, di accumulare denaro, devi avere bisogno “cose”, di essere connesso ad un pc, e consequenzialmente devi disconnetterti dalla coscienza. Entrambe le cose non possono sussistere. Devi vivere nella paura, altrimenti non sei manipolabile.
Il disco è un’istantanea della società in cui siamo immersi, e parla sia dei complici che dei dissidenti.
Angelo Rattenni