– di Giacomo Daneluzzo –
Rosita Brucoli, classe 1999, è una giovane cantautrice. All’attivo ha, oltre a un’enorme quantità di live, i singoli “OK”, in collaborazione con il duo RGB Prisma, e “Acqua e Sete”, prodotto da Sup Nasa (1/2 dello stesso duo), l’ultimo uscito. Le sue canzoni sono a metà tra sonorità sperimentali ed elettroniche e cantautorato pop, fedele alla forma canzone, e danno vita a un raffinato progetto pop sperimentale, che rendono la cantautrice tra gli artisti più interessanti su cui puntare nei prossimi anni.
Le ho fatto qualche domanda per parlare di lei, del suo percorso tra la Puglia e Milano e del suo singolo più recente, “Acqua e Sete”.
Ciao, Rosita, come va? Tutto bene?
Ciao, tutto bene!
Tu sei di origini pugliesi ma trapiantata a Milano. Come ti ci trovi?
Esatto, esatto. Da due anni sono “al nord”: l’anno scorso ho vissuto a Torino, quest’ultimo anno a Milano. È stato un change affrettato, perché non ero soddisfatta del posto in cui ero. Paradossalmente in questa città sto bene. Sì, ovviamente la differenza tra il mio paesino in Puglia e una città come Milano è abissale, ma sto bene.
Il passaggio da un paesino a una metropoli è sempre un passo importante.
Sì, senz’altro è anche un po’ traumatico. Vivere nella metropoli ti dà una sensazione di avvolgimento totale, ti senti sempre in mezzo alle persone, però ti manca anche la solitudine del paesino. Sta a noi ritagliarci un po’ di respiro, nella città, andare controvento rispetto alla velocità.
Questo si collega bene al tuo ultimo singolo, “Acqua e Sete”, che parla dell’asetticità dei rapporti, che è una caratteristica tipica anche dei rapporti tra le persone di una grande città, in cui è tutto sempre in movimento.
Certo. Quando vivi nel paesino cerchi opportunità, cerchi più velocità. In città cerchi più tranquillità. Nei primi anni di trasferimento, soprattutto, non hai pace, perché ti manca sempre tutto, poi riesci a trovare un equilibrio. Tutto questo si riflette sui rapporti. Io volevo andare all’opposto rispetto alla realtà da cui provengo, quindi anche Torino non era abbastanza.
Nella canzone forse vengono messe in luce le parti più critiche di questa realtà, ma allora in realtà tu sei più un tipo “da città”, no?
Guarda, sì. Mi piace avere sempre da fare, viaggiare sempre. Io scrivo, quindi ho bisogno di stimoli e qui è tutta un’altra storia! Conosci gente che arriva da tutto il mondo, dalle parti più disparate, dalle situazioni più trasversali dell’universo. Ci sta. Anche in base all’età che si ha: io ho ventidue anni e paradossalmente avevo un po’ paura di tutta questa velocità, ma poi sono arrivata qui e ho capito che a volte devo andare anche contro di me per farmi piacere questa città. E in questa città, andando contro le mie abitudini, mi sto divertendo! Uscire dalla comfort zone fa bene.
Sei molto giovane ma il tuo percorso è ben avviato: hai ricevuto la targa Polydor/Universal e una serie di premi. Come ti stai vivendo questa dimensione del “fare musica di lavoro”?
Ho sempre pensato di voler fare questo, quindi sono davvero contenta. Avevo già cominciato a fare dei concerti quando vivevo in Puglia: mia madre mi accompagnava dall’altra parte della regione, tornavamo di notte, tardissimo, e il giorno dopo avevo scuola… La pazzia!
Che brava, la tua mamma!
Eh, sì! Su questo fronte mi ha sempre supportata. Anche grazie a lei ora mi sento di avere una certa esperienza proprio sui live: sono davvero andata ovunque, in momenti in cui comunque dovevo finalizzare dei percorsi di studio. Ma io avevo altre priorità. E meno male che me l’ha fatto fare! Ho sempre vissuto la musica a tempo pieno, già da quando avevo diciassette o diciotto anni. Anche ora: mi sono diplomata ma non mi sono iscritta all’università, ho fatto questi due anni in cui mi sono dedicata completamente alla musica: ogni mese prendevo la valigia, andavo a Roma, a suonare nel pub più sconosciuto della città, poi ricevevo una chiamata per andare ad aprire il concerto di qualcuno dall’altra parte della città, ci andavo, anche con un budget minimo… Al fronte di tutto questo impegno in una città come questa, per ricollegarmi al discorso, ci sono risposte più concrete, cosa che mi macnava. C’è fermento, ci sono opportunità. Direi che Milano è il posto sicuro della musica indipendente e non.
Le tue canzoni mostrano una certa attitudine sperimentali, le produzioni sono interessanti. Che tipo di ricerca c’è stata?
Sulla produzione di “Acqua e Sete” ha lavorato Claudio, in arte Sup Nasa, uno degli RGB Prisma. Lui viene da un background di pop sperimentale. Io dal punto di vista del sound vengo da produzioni sì sperimentali, ma che incontrano più la forma canzone, che vanno in quella direzione a metà. Mi piacciono artisti molto diversi, come Björk, Niccolò Fabi, Celentano e Caparezza.
La voce maschile di “Acqua e Sete” è lui, Sup Nasa?
Esatto, è Sup Nasa.
A proposito, questa collaborazione con RGB Prisma e Su pNasa com’è nata?
Io e Claudio ci conosciamo da tre anni. Lui è di Salerno e ha vissuto per dieci anni a Bari suonando. La scena è quella, quindi inevitabilmente ci si conosce. Ci siamo incontrati io, lui e Stefano – l’altro degli RGB Prisma – in un contest in Puglia: io ero contro di loro. C’era ammirazione reciproca, ma non abbiamo mai collaborato, giù. La nostra collaborazione è nata a Milano, quando entrambi si sono trasferiti e poco dopo anch’io; quindi ci siamo detti: «Siamo tutti qua, perché non collaboriamo?» e loro mi hanno chiamato per il loro disco. Su un loro beat ho scritto “OK” e ci siamo avvicinati, me li sono portati ai miei live e infine è nata “Acqua e Sete”, quando siamo stati coinvolti in questa residenza organizzata da Puglia Sound, in cui Claudio era il mio tutor.
Avevo letto del live insieme agli RGB Prisma; com’è andata?
È stato bellissimo. C’era un palco bellissimo, quello dell’Arena Milano Est. Avevo la tremarella, che è quella che mi fa sentire fomentata prima dei concerti, una sensazione di cui non si può fare a meno. Era il secondo concerto dalla riapertura, dopo quello del Bunker di Torino. Sono un tipo da live, ci ho messo un po’ a pubblicare queste cose, senza la residenza non so quando avre fatto uscire “Acqua e Sete”.
Volevo farti anche una domanda sull’artwork della copertina, che si ricollega anche al testo.
Guarda, tutte le scritte randomiche che vedi sono le pagine di un mio diario, scannerizzate dalla mia amica Fabiana e incollate. Non sono state fatte apposta. Se leggi e intravedi qualcosa ci sono scritte cose un po’ strane, tipo: «La potenza della verità» e altro. Ho aperto questo diario alla mia amica Fabiana e avevo una paura… Non l’avevo mai fatto con nessuno! Lei ha fatto delle foto, ha scannerizzato tutto. Anche le scritte «Rosita» e «Acqua e Sete» vengono dal mio diario.
È stato un piacere, Rosita! Allora ci vediamo a qualche live. Ciao, a risentirci!
Allora ci vediamo presto! Grazie, buon lavoro anche a te! Ciao!