– di Giacomo Daneluzzo e Martina Rossato –
Da qualche giorno è uscito “Radio Gotham”, il disco di esordio di Rose Villain, cantautrice nata a Milano, città dove ha trascorso la prima parte della sua vita per poi trasferirsi a New York. A New York Rosa Luini – questo il vero nome dell’artista, figlia del noto imprenditore milanese Franco Luini – ha conosciuto, tra gli altri, il produttore napoletano Sixpm, Andrea Ferrara, incontro che ha portato i due a stipulare un fruttuoso sodalizio artistico (e, en passant, a sposarsi, ma questa è un’altra storia).
“Radio Gotham” vuole essere un condensato di immagini gotiche, cupe, scure. Una vera e propria Gotham, raccontata ed estetizzata in forma di album. Rose Villain gioca con quest’immaginario e tenta di impersonare una versione femminile di Batman, che vuole salvare la società dai ruoli di genere e dagli stereotipi, almeno nei propri intenti (ma essere “la versione femminile di” non presuppone forse che la “versione base” sia maschile, e quindi non si tratta di quanto di più in linea con le dinamiche sessiste che caratterizzano la nostra società possa esistere? Chiediamo, eh). Non sono mancati (ahinoi) titoli tanto pomposi quanto superficiali, che cercano di strappare qualche click puntando sull’improbabile idea che questo disco sia un disco rap “dalle ragazze per le ragazze”.
MA LO È VERAMENTE?
E soprattutto: anche se lo fosse, sarebbe poi un atto così femminista fare qualcosa che si pone già di per sé come un prodotto “per ragazze”? Abbiamo davvero bisogno di “cose da femmine” e di “cose da maschi”? Non sono categorie che dovrebbero essere superate, nel 2023, almeno da chi vuol essere foriero delle battaglie per la parità di genere?
Ci sono così tante cose che non funzionano in questo tipo di titoli, ma andiamo con ordine.
Rap? No, non è rap. Va bene, va bene. Le definizioni non sono così importanti, okay. Se oggi, nel 2023, vuoi fare un disco pop che strizza l’occhio al rap (o meglio, alla trap) bene, fallo; ma sia chiaro che non stiamo parlando di rap. Né di un’idea originale, visto che la maggior parte della discografia italiana è costituita da wannabe rap che di rap hanno poco o niente. Il rap è, tipo, questo:
Non Rose Villain. Non Carl Brave, non Tony Effe (e abbiamo delle riserve anche sugli altri ospiti del disco). Per carità, non è che bisogna essere rap per forza, ma se non lo si è non lo si è, e chiamiamo le cose con il loro nome, soprattutto oggi che il pop è AMPIAMENTE sdoganato e ammettere di essere commerciali non suona più come una parolaccia.
Fatte queste dovute precisazioni, la nostra CANTAUTRICE ha fatto un disco pieno di collaborazioni con colleghi, guarda caso, tutti maschi, tranne Elisa; sarà forse un primo indizio dei grossi problemi di genere che affliggono la nostra discografia? Ai posteri l’ardua sentenza. Abbiamo “Lamette”, “Michelle Pfeiffer” (dedicata all’attrice nota in primis per aver interpretato la “femmina del capo” in Scarface, sì, un ruolo che è praticamente un paradigma della donna-oggetto), “Elvis”, rispettivamente con Salmo, Tony Effe (Dark Polo Gang), Guè. Spotify alla mano (ma non ce n’era bisogno, dai), sono anche i pezzi con più stream e si discostano parecchio dagli stream di tutte le tracce (meno “Rari”).
Certo, si può ribattere che il motivo è che sono stati usati come singoli di lancio, verissimo, ma perché sono stati scelti come singoli di lancio? Perché i colleghi maschi sono più famosi delle donne. Di lei, Rose Villain, ma anche delle altre “rapper”, o delle altre cantanti. Perché se vuoi avere successo nel mondo della musica devi essere un uomo o farti prestare un po’ di visibilità da un uomo.
Tornando al discorso rap/non-rap, bisognerebbe aprire una grossa parentesi su cosa significhi fare rap (e trap) in Italia, ma non vogliamo entrare nel merito della questione. Però, posto che questi personaggi che compaiono nel disco siano rapper, o almeno artisti affermati e riconosciuti dal pubblico italiano come (t)rapper, vorremmo dire a chi cerca di vendere “Radio Gotham” come un disco rap che non basta collaborare con dei rapper (o presunti tali) per rendere rap un disco che di rap ha poco o niente.
Come accennato, l’unica collaborazione femminile è quella con Elisa in “Monet”, che è anche il featuring con meno stream del disco. Sarà un caso?
L’unica traccia che si discosta da queste osservazioni è “Rari”, uscita come singolo ad ottobre 2022 e prodotta a quattro mani da Hendric Buenck e Sixpm (che ha prodotto o co-prodotto tutte le tracce del disco).
Non per essere polemici (anche se ci sono occasioni in cui anche la polemica ha della ragion d’essere), ma questo disco sembra tutto il contrario di quello che dovrebbe essere un disco “femminista”. E accostare al femminismo soggetti come Salmo, Guè e Tony Effe, esempi perfetti di quanto la scena italiana sia intrisa di sessismo e misoginia (ma anche omofobia et similia) è molto, molto azzardato. Vogliono vendere “Radio Gotham” come un disco femminista, ma ci azzecca poco, non è la sua natura, così come non è la sua natura essere un disco rap, e Rose Villain più che un’eroina dark è la prova vivente di come in Italia le artiste abbiano bisogno di uomini per emergere e “fare successo”, un lato oscuro del panorama musicale, sì, ma oscuro in un altro senso.
COSA CI RIMARRÀ DI “RADIO GOTHAM”?
Probabilmente niente. Forse avevamo aspettative troppo alte per un progetto artistico, quello di Rose Villain, che sembrava essere “in gestazione” da quando nel 2016 ha pubblicato con Machete (prima donna a firmare con l’etichetta di Salmo! Che progressisti!) “Get the Fuck Out of My Pool”, cui sono seguiti anni di singoli e feat. senza mai un “prodotto completo”. Forse le strategie di marketing avevano fatto presagire qualcosa di molto diverso da quello che è, ma non penso che tra qualche anno, o anche solo tra qualche mese, qualcuno si ricorderà di questo disco. I testi sono passabili, ma non memorabili. E non è certo di questo che hanno bisogno le artiste in Italia.
Ci piacerebbe cambiare idea sulla situazione, ma se succederà non sarà grazie a Rose Villain e a “Radio Gotham”.