• di Riccardo De Stefano
Da giorni continua la patetica e immonda campagna di Striscia la notizia (notoria fogna televisiva da 20 anni sempre in prima fila per proporre spazzatura) contro Rolls Royce di Achille Lauro e i – presunti – contenuti celebrativi dell’ecstasy. Nell’ultimo episodio viene addirittura ripresa una intervista realizzata da Laura Berlinghieri, giornalista che per Spettakolo! aveva intervistato Lauro con Boss Doms a proposito del loro ultimo disco, estrapolando un contenuto a loro utile e manipolandolo per confermare a forza la loro tesi: Achille Lauro è un drogato e la canzone un inno alla droga.
Che c’è di vero in questo?
Come in ogni prodotto artistico, l’analisi va fatta contestualizzando ogni aspetto.
Per prima cosa, da non considerare banale: la canzone è discussa perché presentata a Sanremo. E presentata da Achille Lauro. Achille chi?
IL DIVO ACHILLE E IL TALLONE DELLA TRAP
Achille Lauro viene dalla scena trap, anche se è uno dei meno trap di quel giro lì. Questo significa che già in automatico viene considerato: 1) generazionale 2) “odiabile” 3) cliché. La trap ha fatto del trinomio SOLDI SESSO DROGA un ritornello ormai banalissimo, privando di qualsiasi spessore ognuno di questi aspetti: il denaro, qui, non è il riscatto del rap, il risollevarsi dalla strada e dalla povertà (quasi mai almeno), ma solo status economico acquisito, dimostrazione pratica di essere “migliori” di chi deve andare a fare uno stage non pagato per mesi prima di vedere un contratto da 800 euro al mese. Il sesso è sempre visto in maniera consumistica: non a caso non c’è mai un appagamento dall’esperienza, le donne sono viste come oggetti e a malapena vengono usate, sono lì come arredo di decoro e il sesso stesso è come un orologio al polso di cui vantarsi. Anche le droghe servono solo a passare il tempo, non sono né lo spalancarsi delle porte della percezione (tipo la psichedelia) né la maledizione usurante del grunge. La trap è il genere che più di tutti parla della noia.
Non a caso penso che sia un fenomeno generazionale perché rappresenta giovani che non hanno più interesse in niente, perfino nel credere in qualcosa. È una generazione disillusa perché da subito già esposta a tutte le esperienze e le percezioni possibili (sempre ovviamente percepite attraverso la simulazione del piccolo schermo di uno smartphone), con un bagaglio di conoscenze e simulazioni di vita tale da aver già provato tutto, già visto tutto. E si annoia.
Questo causa l’odio, il disprezzo di chi più vecchio non ha avuto “tutto quello che avete voi” e non lo capisce.
SANREMO TUTTI OMOLOGATI
Bene, questo è il substrato di senso da cui emerge Achille Lauro.
E con cui si presenta a Sanremo, che invece è lo spazio dimensionale più lontano da tutto ciò: il festivàl è tronfio, chino nel suo conformismo borghese, politically correct, nazionalpopolare fino al midollo, senza polemiche perché sennò… Già di per sé uno come Achille Lauro è un elemento dirompente: stonato, coi tatuaggi in faccia, con un passato (?) da “drogato”, da trapper… tutto storto, tutto sbagliato.
Però Rolls Royce non è trap, non è disturbante. Se Achille Lauro non l’avesse portata a Sanremo non avremmo mai calcolato il brano, che è un innocuo rock à la Vasco (Rossi, mica Brondi): la sua forza dirompente non è nel brano in sé, ma nel personaggio che la porta e nel luogo che l’accoglie, e nella frizione di senso tra i due.
La canzone, a differenza della visione decadente della trap e della sua noia borghese (ma non nazionalpopolare) di cui si fa carico, parla di altro: parla di velleità artistiche.
Achille Lauro è migliore della trap. Perché sa che la trap è generazionale, odiabile e solo cliché. Lauro punta a diventare una star, un personaggio capace di cantare Thoiry e poi parlare con Orietta Berti da Fazio senza che ci sia un glitch di senso. Non vuole arroccarsi nella torre d’avorio di Sfera Ebbasta, fatta di rolex d’oro e boa di struzzo. Né nell’approccio da boy band della Dark Polo Gang.
Achille vuole che tra 30 anni tutti parleremo ancora di lui. E Rolls Royce parla di questo. Live fast, die young. Quali sono i segreti del successo? Bruciare più luminosamente di tutti e fottersene del resto. La ricchezza e il successo decantati e celebrati in Rolls Royce non sono autoreferenziali come tutta la trap, né decadenti come il punk però: sono miti, simboli, pezzi di un puzzle dove la miseria delle vite spezzate non copre lo splendore glitter di chi ha osato troppo. Achille Lauro fa una preghiera nella canzone: Dio, fa’ che nessuno di noi venga dimenticato. Fa’ che tutto questo non sia inutile. Celebrando le grandi star vuole soltanto inserirsi nella loro scia di luce, riflessa, come un Dante nel IV canto dell’Inferno, sesto tra i Poeti Illustri Latini.
SO YOU WANT TO BE A R’N’R STAR
Il Divo Achille vuole cambiare traiettoria. Vuole dimostrare che lui è una star, che non ha bisogno di soldi, droga, sesso fine a se stesso. Non ha bisogno dell’autotune. Non ha bisogno della trap. Se vuole, prende le vecchissime e dimenticate chitarre e fa un pezzo pop punk (che di quel “live fast die young” prende solo l’aspetto glitter, leggero, facile). La canzone è una preghiera a Dio, di fama successo gloria, anche in cambio di una vita spezzata – che tanto che senso ha vivere a lungo e rimanere anonimi? – senza alcuna seriosità, senza alcun preconcetto. Per questo incredibilmente efficace, e generazionale. Ahia.
Rolls Royce parla di droga? No, non solo. Forse sì, la Rolls Royce è l’ecstasy. Forse Lauro lo sa che sull’ecstasy ci sia proprio quel RR che ovunque ha messo. Ma forse la droga vera di cui tratta è un’altra: parla di velocità, di vivere prima degli altri, meglio degli altri, e non importa se è su una macchina o con una pasticca. Come per il leone e la gazzella, “l’importante è correre”.
Fuori di testa, fatevi ricoverare. un’esegesi così forse neanche un brano di de Andrè ce l’ha.