– di Yna –
Il 3 dicembre è uscito l’ultimo album della cantautrice bolognese Roberta Giallo: “Canzoni da museo”. Roberta Giallombardo ha deciso di creare un album che racchiude le poesie messe in musica e voce di Giovanni Gastel (fotografo e poeta recentemente scomparso, nipote di Luchino Visconti), Davide Rondoni (fondatore del Centro di Poesia Contemporanea), e Roberto Roversi. Le liriche inedite di Roberto Roversi sono state donate alla cantautrice da Antonio Bagnoli (nipote del poeta) e da Edizioni Pendragon.
Un lavoro audace, quello di musicare delle poesie, ma che in verità forse dà giustizia al senso intimo di queste ultime. In fondo la parola, di per sé, ha una musicalità, un’anima armonica, una dolcezza e una rotondità, ma anche un’oscurità e una spigolosità caratterizzate dal suono, dalla forma e dalla suggestione suggerita, dal significato di cui è portatrice simbolica. La metrica delle parole in versi è ritmo, è ispirazione musicale, per cui pare che la poesia cerchi sempre di essere anche suono, rappresentante della sua tridimensionalità e della sua attuazione.
Ogni poesia letta è un mondo ritrovato. In una società musicale autocompiaciuta dei propri prodotti e che si impone nel mantenimento dei dettami delle proprie mode, possiamo dire senza remore che lavori come questi sono coraggiosi e audaci, vibrano di passione e di amore per la musica per quello che è, ma anche dell’arte e della creatività umana a trecentosessanta gradi. Danno modo di intendere e comprendere la vastità dell’approccio musicale e artistico, sottolineando la democraticità della creazione e dei contenuti che ne derivano. Ma quanto oltre possiamo spingerci? Quanta libertà possono prendersi gli artisti di uscire dai canoni senza necessariamente doverci rimettere? Forse è il caso di sbrandellare ogni tanto il velo pietoso delle tendenze e apportare originalità. Il lavoro di Roberta Giallo cerca di fare proprio questo, con le giuste capacità e nei giusti equilibri.
Il percorso espositivo di Roberta Giallo mette insieme il gusto per la cultura con degli arrangiamenti che strizzano l’occhio alle produzioni moderne, aprendo questo lavoro a una platea variegata di potenziali ascoltatori. “Canzoni da museo” raccoglie istantanee artistiche di poesie che prendono vita e suono, ed è fatto di nove tappe, ognuna descrittiva di una poesia che è un panorama a se ma si stringe intorno alle altre tracce. Ulteriore lettura del disco sono i temi trattati nelle poesie scelte, temi universali d’amore, di vita, e di esistenza, tutti accompagnati da strumenti scelti con cura, come a decifrare la trama da realizzare e da intessere come fosse la colonna sonora delle poesie. Proprio come nella realizzazioe delle musica da film in cui ogni strumento trasmette una scena, descrive un particolare, un movimento, così in “Canzoni da Museo” la musica sembra abbia la stessa funzione, cioè creare un’amplificazione sonora alle immagini trasmesse dalle poesie. La funzione dell’artista in questo caso quindi diventa quello di trasfigurare se stesso attraverso le sceneggiature descritte da altri e metterle in musica, in un connubio in cui l’artista è un po’ poeta, assurge al suo antico ruolo ma arriva indirettamente attraverso la sua capacità di curare gli aspetti dell’orchestrazione poetica. Le scene di questo film sono diverse: partendo da “Fossi stato allevato dalle scimmie”, passando per l’epos contemporaneo de “Il canto della lavatrice”, poesia di Roversi, per l’esistenzialismo del Rondoni con “È questo andare che non è andare”, scendendo poi nelle vene più terrene e sanguigne di “Ti ho creato padre”, storia struggente e irrisolta ma al tempo stesso affascinante di un rapporto doloroso e complesso tra Giovanni Gastel e suo padre, che si fa “tragedia” nel senso più nobile della parola, ovvero lirismo doloroso fino alla catarsi. Ci ritroviamo poi nelle pieghe della storia personale e del rapporto dell’artista con la sua città del cuore in “Il cielo contro cui Bologna”, poiu con “Parole” e infine giungiamo al termine con “Approdato in quest’epoca come un naufrago”.
Una piacevole incursione quella di Roberta Giallo, da ascoltare preferibilmente con orecchio, cuore e mente aperti.