– di Giacomo Daneluzzo –
I Dellai sono un duo composto dai gemelli Luca Dellai e Matteo Dellai, che presenteranno al Festival di Sanremo il loro brano “Io sono Luca”, in gara tra le Nuove Proposte. Vincitori di Area Sanremo, Luca e Matteo sono due persone con le idee chiare sul loro percorso artistico e la testa sulle spalle, due artisti diversi e complementari tra loro, capaci di lavorare in modo coordinato pur mantenendo ognuno i propri spazi, specialmente a livello creativo. Matteo, autore del brano in gara dedicato al fratello, è forse quello più loquace, ma mentre li intervistavo li ho subito trovati entrambi molto simpatici e ironici, legati tra loro ma anche consci del loro bisogno di uno spazio “privato”. I due sono carichi e pronti a calcare il palco dell’Ariston con il loro brano: li ho intervistati per parlare di “Io sono Luca”, di Sanremo, dei loro percorsi, dei loro progetti e della loro inaspettata passione per i musical.
Tosse a parte, come state?
Matteo | Bene! Siamo molto carichi per Sanremo! Siamo distanti, adesso, perché abbiamo passato troppo tempo insieme, quindi abbiamo deciso di andare a vivere in due case diverse: non ne potevamo più l’uno dell’altro! (Ride, ndr) Fino a una settimana fa vivevamo insieme, poi abbiamo detto: “Basta” e, avendone la possibilità, ci siamo divisi.
E chi se n’è andato dei due?
Matteo | Se n’è andato Luca, io sono rimasto nella nostra vecchia casa.
Praticamente avete iniziato una nuova vita.
Matteo | Sì, praticamente sì.
Siete gemelli e avete sempre vissuto insieme: lavorare tra fratelli presenta delle differenze rispetto, ad esempio, alle dinamiche di una band?
Luca | Tra di noi bisticciamo un casino. Tutti ci hanno chiesto: “Come trovate l’equilibrio?” e la risposta è semplice: non lo troviamo, non ce l’abbiamo proprio.
Però mi sembra che comunque la vostra collaborazione, alla fine, funzioni, no?
Luca | Sì, sì, è vero, ma ci ricongiungiamo solo quando è ora di finire i lavori. Quando bisogna scrivere le canzoni, normalmente, lo facciamo da soli. Qualcosa l’abbiamo fatto anche insieme, ma sempre nella parte di finalizzazione delle canzoni: al momento della scrittura siamo sempre divisi.
Due menti creative singole che poi si uniscono…
Matteo | Hai detto bene, in realtà siamo due progetti singoli che vanno a unirsi in un unico alla fine.
È sempre stato così o le cose sono cambiate? Avete iniziato a un certo punto a “unire alla fine”?
Matteo | Abbiamo iniziato a unire le cose che facevamo a marzo dell’anno scorso. Forse la distanza, il COVID, la quarantena eccetera hanno voluto riunirci, ci siamo trovati a ricercare quest’unione. Prima, fin dalle superiori, ognuno ha sempre fatto per sé.
Quindi il progetto creativo è, tipo: vi accordate su cosa fare, ognuno fa la sua parte e poi unite il tutto?
Luca | No, no, è proprio la canzone, tutto il processo creativo, a nascere da uno dei due. Per dirti: siamo usciti con due canzoni – in realtà ce ne sono tantissime altre, che non vediamo l’ora di far uscire: una l’ho scritta io e l’altra l’ha scritta Matteo. Quella di Sanremo l’ha scritta Matteo. Quella che è uscita prima l’ha scritta Luca.
Vari gemelli che ho conosciuto nella mia vita mi hanno detto che c’è un gemello buono e un gemello cattivo. È vero? Qual è il gemello cattivo?
Matteo | No, dai. Io non l’ho mai notato. Tu, Luca?
Luca | È un gioco delle parti, come nella vita.
Matteo | In realtà siamo molto bravi a mantenere ognuno la propria posizione, diciamo. Siamo un duo molto equilibrato, in questo.
La canzone “Io sono Luca” prima si chiamava “Castelli di carte”. A che cos’è dovuto questo cambio di titolo? Quali sono i castelli di carte a cui si fa riferimento?
Luca | È stato cambiato nel corso di Area Sanremo. Ci siamo resi conto che il titolo descriveva poco la canzone. Prima ancora di “Castelli di carte” la canzone si chiamava “Luca”, ma non perché fosse stato il titolo, perché mio fratello l’aveva salvata sulle note del telefono così, proprio per praticità. Alla fine, in etichetta, dopo una riunione tra l’altro abbastanza accesa, è venuto fuori il titolo “Io sono Luca”, che in realtà non convinceva tutti… L’idea che volevamo trasmettere era quella di qualcosa in cui identificarsi subito; invece quella che non volevamo trasmettere e che avevamo paura di trasmettere era un “io sono” come qualcosa su un tema sociale, tipo “je suis Charlie”, oppure “Io sono l’altro” di Niccolò Fabi – e non ci possiamo neanche paragonare a un mostro sacro come Fabi.
Quindi Niccolò Fabi è uno dei vostri ispiratori?
Luca | In realtà no, ma è considerato un mostro sacro della musica italiana, anche se, soggettivamente, non è uno dei miei preferiti, nonostante abbia un rispetto reverenziale nei suoi confronti.
E invece qualcuno di più vicino a voi artisticamente? Qualcuno che vi ha ispirato musicalmente e liricamente?
Luca | Ho avuto un po’ di periodi: periodo rock, periodo pop, periodo cantautorale… Ho fatto anche un periodo musical – fantastico. Praticamente i miei artisti di riferimento, sommando tutto, credo che siano Francesco Guccini e Jovanotti.
Matteo | Io posso dirmi molto d’accordo con Luca, ma aggiungerei Lucio Battisti, che fa parte di una triade con Cesare Cremonini e Tiziano Ferro… Sono i cantanti con cui siamo cresciuti, molto mainstream. È musica che lascia qualcosa dentro, bene o male. Penso che non potrei distanziarmi più di tanto da quella musica lì.
Riguardo ai vostri studi di economia e conservatorio (Luca) e di architettura (Matteo): queste strade vi hanno portato a fare altro, nella vita; che impatto hanno avuto su di voi, sul vostro percorso artistico e sul vostro lavoro?
Matteo | Per me non ne hanno avuto: l’architettura non ha influito sul modo in cui scrivo. Non sono mai stato un grande studente; sono appassionato, certo, ma non sono mai stato un grande studioso né tantomeno una mente eccelsa dell’architettura. Non mi ha trasferito molto. Piuttosto alle superiori abbiamo fatto dei musical, per diverso tempo, tra varie scuole. Lì ho imparato veramente tanto ed è stata un’esperienza che mi ha dato tantissimo.
Da quello che mi state dicendo sembra che i musical abbiano avuto un ruolo determinante per entrambi!
Matteo | Sì, assolutamente. Le prime esperienze sul palco le abbiamo fatte con i musical.
Luca | A proposito della domanda sugli studi io risponderei con una frase di Guccini: “Mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più di un cantante”. Secondo me è un po’ la storia di tutti quelli cresciuti in questi tempi, di questa Generazione Z che rappresentiamo; i genitori che ti dicono: “Laureati! Segui il tuo sogno, ma fatti sempre un piano b!”, perché in qualche modo, socialmente, un laureato spesso vale più di un cantante. Nella visione sociale pubblica purtroppo si vede molto, è una cosa accentuata, come se la laurea definisse la tua intelligenza.
Matteo | Io sono laureato ma non sono più intelligente di prima e metà delle cose che ho studiato me le sono dimenticate. Quando ho iniziato a frequentare un corso di chitarra il mio insegnante aveva detto a mia madre che ero portato e sarei potuto andare a fare il conservatorio… Mia madre mi ha detto questa cosa l’anno dopo, quando l’insegnante gliel’ha ripetuto, perché non voleva dirmelo, quindi le è passato di mente.
Luca | Poi in realtà nostra madre è contentissima di quello che facciamo, assolutamente. Ma quando eravamo alle medie e dovevamo scegliere che scuola fare alle superiori lei si auspicava che scegliessimo lo scientifico, mentre io sono finito a fare l’artistico, perché mi trovavo bene lì. Però l’ho fatto l’artistico, non mi ha obbligato a fare lo scientifico. Alla fine nostra madre è una persona molto tranquilla: aveva delle aspettative che non sono state rispettate del tutto ma le va bene così.
Intanto le lauree le avete prese!
Luca | Io prima di iscrivermi ad architettura volevo fare il DAMS a Bologna e furono la mia professoressa di italiano – con cui peraltro non avevo un ottimo rapporto – e mia mamma che mi convinsero a non andare al DAMS. Avevo già una visione artistica. Poi l’architettura cerca di metterti dentro a un cubo e io faccio fatica a starci.
Stai parlando malissimo dell’architettura in quest’intervista! Non ti ha lasciato niente, cerca di metterti dentro a un cubo…
Luca | No, no, non voglio parlarne male, è che loro, giustamente, quando vai all’università cercano di insegnarti l’architettura e di metterti dentro a un cubo, cioè, certe cose devi saperle. Esci da lì che devi essere quadrato, ci sono cose che devi sapere e punto. Nel mondo musicale mi trovo molto meglio.
Matteo | Fondamentalmente con la competizione che c’è al giorno d’oggi anche nel mondo della musica, però, devi sapere un botto di cose. Per non essere “sotterrato” dai tuoi colleghi devi saperne davvero tante. Perché poi è anche una guerra tra colleghi, perché c’è chi esce e con la musica non c’entra niente, senza fare nomi. L’ambiente ti spinge alla competizione. Quando uscii dalle superiori l’altra opzione era andare a fare una scuola di musical a Milano, perché una mia amica l’aveva fatta e l’anno della quinta superiore ero andato a trovarla, solo che non sapevo ballare.
Com’è stata quest’esperienza di Area Sanremo?
Matteo | Inizialmente avevamo deciso di proporci a Sanremo Giovani, ma non abbiamo fatto in tempo perché era già passata la data. Quindi ci siamo iscritti ad Area Sanremo e io, che avevo già provato quest’esperienza di Area Sanremo, vedevo questo percorso come quasi impossibile, perché si iscrivono quasi cinquecento persone ogni anno e ne passano due, quindi è difficilissimo. Invece quest’anno – sembra impossibile! – ce l’abbiamo fatta! L’idea di entrare anche solo nei sessanta selezionati della prima selezione sembrava lontanissima! Poi ne selezionano otto e tra questi otto passano in due. Già per essere nei sessanta eravamo felicissimi, figurati poi essere tra quei due, una cosa davvero fuori dal mondo…
Luca | Già, andare al Festival di Sanremo…
Matteo | È una cosa abbastanza grossa.
Voi lo seguite da ascoltatori, di solito?
Matteo | Sì, sì, siamo grandi appassionati di Sanremo. Siamo quelli che quando inizia il festival fanno i gruppi su WhatsApp con gli amici e commentano tutto. Quest’anno non lo potremo fare, purtroppo…
Perché? Potete farlo comunque!
Matteo | (Ride, ndr) Sì, però sarebbe un po’ strano…
Avete opinioni sugli altri delle Nuove Proposte? Io sono fan di Wrongonyou da anni.
Luca | Sono fantastici, tutti.
Matteo | Wrongonyou forse è quello più celebre tra le Nuove Proposte. Però li abbiamo conosciuti ed è davvero un bel gruppo. Le canzoni sono molto belle e inoltre tra noi c’è una bella sintonia. Non c’è la gara feroce a chi arriva primo: ognuno ha i propri sogni e le proprie aspettative ed è bello stare insieme. C’è della competitività, ma non una competizione che ti impedisce di stare bene insieme. L’altro giorno, tra l’altro, abbiamo sentito un ragazzo degli otto finalisti di Area Sanremo, Guasto, con cui siamo rimasti amici. Tutto questo percorso è stato una bellissima esperienza.
“Io sono Luca” è un brano in cui è facile riconoscersi, cosa che probabilmente è stata anche un motivo per cui alla fine siete stati scelti proprio voi, tra tutti i partecipanti.
Matteo | Volevamo un brano in cui molte persone, giovani e non, potessero riconoscersi; volevamo che la gente si riconoscesse nelle difficoltà che passa Luca all’interno del pezzo, ma anche nelle gioie e nei momenti più felici.
Pur parlando di temi “spessi”, non del tutto luminosi e positivi, è anche un pezzo pieno di questo senso di speranza, positività, che è anche una cosa abbastanza atipica oggi. La musica di oggi forse è più su un altro versante.
Matteo | Non lo so, ogni persona che scrive scrive secondo quella che è la sua vita, la sua storia. Io penso che le canzoni siano figlie dei tempi, quindi penso che dipenda dai tempi che stiamo passando. Bene o male ci sono anche pezzi più allegri, anche oggi. La nuova scena sta portando sonorità molto belle e interessanti, anche tra i Big di Sanremo ci sono artisti che usano sonorità molto interessanti, come Coma_Cose e Fulminacci.
Luca | Sì, serviva un po’ di novità.