– di Martina Rossato –
Quante volte ci hanno detto di non giudicare un libro dalla copertina? Lo stesso vale per i dischi.
Riccardo Ruggeri, cantautore sui generis, ha deciso che dalla copertina del suo disco non possiamo giudicare proprio niente, al massimo lasciarci prendere dalla curiosità ed ascoltare quello che contiene.
“Non ci aspetta nessuno (se non miliardi di foto)”, uscito per Vina Records / Ada Music Italy, è il suo album di esordio (come solista, si intende), nonché un concentrato di rock, dance, funk ed elettronica. Ruggeri ha pubblicato il suo primo singolo, “Io non son figlio di Maria”, nel 2019. Il brano è anche la traccia che apre il disco, con la sua critica spietata al mondo dei talent show. Ruggeri non solo è autore dei testi e della musica, ma ha anche prodotto il disco e mixato il brano.
L’album si presenta come complesso, per niente banale, soprattutto perché contiene molte delle esperienze che l’autore ha accumulato nel corso degli anni. Prima del progetto solista, Riccardo è stato impegnato con diversi gruppi come Lomè, Syndone, Lavatrici Rosse (con cui ha anche registrato “Giovinezza”, brano contenuto in questo disco) e Gibilterra; con queste band ha partecipato a molti festival, nazionali ed internazionali.
Lasciatosi alle spalle questi progetti, non può comunque fare a meno di inserire tutto quello che nel corso del tempo ha imparato e lo ha formato.
Il fatto che a Ruggeri non piaccia ripetere se stesso e che ogni traccia sia a se stante rende il lavoro ancora più particolare. Come lui stesso ha affermato, non gli piacciono infatti i dischi mono-genere: il suo non è un lavoro monolitico e non vuole per nessun verso essere un prodotto accademico. Osare è senz’altro una parola che piace al cantautore piemontese, anche quando deve dire cose che verrebbero guardate storte dalla maggior parte delle persone (come accade in “Bestemmiare”).
Le tracce del disco si presentano ad una ad una sempre inaspettate. Impossibile immaginare cosa contenga la traccia successiva, se sarà una ballata, un brano scatenato o un pezzo sperimentale. In effetti, forse non c’è un modo giusto o sbagliato per ascoltare le canzoni contenute in “Non ci aspetta nessuno (se non miliardi di foto)”, tanto che mi viene da pensare che potrebbero essere ascoltate in ordine diverso da come sono inserite nel disco. Ad ogni ascoltatore è lasciata la libertà di decidere come e quando ascoltarle, quanto lasciarsi trasportare dalla musica e quanto invece riflettere sui testi, tutt’altro che banali.
Il lavoro, nel complesso, non risulta particolarmente omogeneo: sembra di scorgere in lontananza l’eco della vita (positivamente) caotica del suo autore. Quelle che non stanno mai fermi, sempre presi tra mille cose da fare e un’infinita di viaggi per cui partire, non sono forse le persone più interessanti?
Quando sono arrivata all’ultima traccia, “Notte insonne in Korea”, mi sono sentita un po’ spaesata e frastornata, quasi avessi perso il senso dell’orientamento. Mi sono lasciata trasportare dalle sue note distorte, per poi ritrovarmi.
A chiunque ascolti ascolti “Non ci aspetta nessuno (se non miliardi di foto)” consiglio di fare lo stesso: lasciarsi portare via per un po’, per poi ritrovarsi.