Come e quando nasce il Festival?
Il progetto del Karel Music Expò è stato ispirato dall’esistenza di altri showcase festival – SXSW, Eurosonic – come evento musicalmente “laico”, in cui la scoperta e la promozione di artisti sconosciuti al grande pubblico sono la ragion d’essere della manifestazione, che si svolge a Cagliari, negli spazi del centro storico, dal lontano 2007.
Qual è l’obiettivo primario della manifestazione?
Credo che, soprattutto in Italia, ci sia la necessità di affrancarsi dalla visione massimalista del concetto stesso di festival, secondo la quale non sia possibile prescindere da un cast importante se si vuole realizzare un evento importante. Il percorso del KME, non a caso individuato come “festival delle culture resistenti”, è proprio quello della riscoperta della contiguità fra pubblico e artista, un rapporto emozionale che per noi rappresenta il successo stesso della manifestazione, al di là dei biglietti venduti e degli ettolitri di birra consumati. Questo significa che la musica e tutti gli altri contenuti del festival, che non è esattamente “solo” una rassegna musicale, sono il risultato di un lavoro di ricerca che comprende diverse espressioni artistiche provenienti da tutto il mondo, selezionate con cura e attenzione così da poter offrire, o almeno provarci, uno spaccato dell’arte contemporanea privo di barriere, in grado di superare i luoghi comuni legati a una lettura provinciale,arcaica e localista dell’idea di cultura. Nel 2016 il KME compirà il decimo anno di attività, forte di un’identità combattente e passionale, perché schierarsi è sempre una scelta di cuore, specie quando si è circondati dal conformismo, nemico giurato della creatività e della vita in genere.
Un aggettivo per il vostro Festival?
Sognante se la gioca con delirante, anche se forse coerente sembrerebbe quello più giusto, perché definisce meglio il tracciato del KME, un festival creato per premiare la libera espressione, a qualunque costo.