– di Giacomo Daneluzzo –
È uscito il 2 febbraio In mezzo a tutta questa gente, l’album d’esordio di Redh, cantautore romano del 1994 con all’attivo un EP dal titolo Torneremo, uscito nel 2019, e una serie di singoli. In mezzo a tutta questa gente è uscito per L’Eretico con distribuzione ADA Music Italy e segna un nuovo inizio per Matteo Pasqualone (questo il vero nome dell’artista): l’album, infatti, è un compendio di tracce capaci di introdurre all’ascoltatore Redh e il suo sguardo sulla vita e sul mondo, attraverso scene di quotidianità e racconti autobiografici caratterizzati da una grande sincerità e dal pathos particolare che caratterizza la scrittura del cantautore.
Che Redh non sia un autore di canzoni alle prime armi è evidente dalla grande consapevolezza con cui scrive e compone i brani di In mezzo a tutta questa gente: le tracce sono otto, per una durata totale inferiore alla mezz’ora, eppure l’album risulta tutt’altro che effimero, anche grazie a dei testi densi, di notevole forza espressiva, e a delle produzioni ricche di dettagli sonori ben pensati, caratterizzate da una certa eterogeneità e soprattutto da un dinamismo interno che porta anche delle basi lente e cullanti nell’intro a dispiegarsi in corso d’opera, fino a diventare incredibilmente energiche. Il tutto quasi senza artificio, con un’apparente naturalezza che però tradisce un lavoro di fino dietro alla ricerca del suono.
Redh canta il malessere, ma lo fa senza cinismo o vittimismo: si sente solo un’enorme urgenza. La solitudine è esistenziale, è quella che si può provare anche in mezzo alla gente, come da titolo, proprio come quando si resta imbottigliati nel traffico della metropoli – e quanto è romana la copertina dell’album! – e si è soli nonostante ci si trovi in mezzo alla gente, anzi, è proprio la presenza delle altre persone a creare il traffico e il senso di isolamento che ne scaturisce. La disperazione che emerge dalle parole di Redh è catarsi: «Proverò a stare bene prima di impazzire, prima di piangere», canta in Quaggiù, la traccia conclusiva del disco, perché provare dolore fa parte della vita, è inevitabile ed è qualcosa che bisogna anche abbracciare, ma senza smettere di provare a stare bene.
In mezzo a tutta questa gente è un esordio che si fa notare, capace di tenere insieme arpeggi di chitarra dolci e pacifici e distorsioni sporche e aggressive, liriche cupe e speranza in un futuro migliore. È un disco che presenta bene il suo autore, al punto che chi lo ascolta può avere l’impressione di conoscerlo da una vita. Ma soprattutto è un album che è davvero in grado di farci sentire meno soli, nonostante tutto, e di curarci. E questa è una dote rara.